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Fare il sindaco antimafia in Lombardia
Il Fatto Quotidiano
30 gennaio 2011
Ancora gli ronzano le orecchie. Buon Natale un piffero. I suoi concittadini che gli facevano gli auguri e lui che fumava di rabbia per quel pessimo scherzo firmato Formigoni. Era il 24 dicembre. Aveva appena letto le pagine milanesi di “Repubblica” con l’elenco delle nomine firmate il giorno prima in Regione: la sfilza dei nuovi direttori generali delle Asl in provincia di Milano. D’istinto sentì che qualcosa non quadrava, a parte la consueta logica lottizzatrice che già una volta -era l’inizio degli anni novanta- aveva spedito in tribunale un po’ di assessori e funzionari lombardi. Così Roberto Nava, un signore cinquantenne che di mestiere si occupa di relazioni esterne per una società di comunicazione ma che in quel momento era soprattutto il sindaco di Vanzago, si mise al computer. Chi diavolo era questo Pietrogino Pezzano che era stata piazzato alla guida della Asl competente per il suo comune, quasi novemila abitanti nel nord-ovest della provincia di Milano?
Gli bastò viaggiare qualche minuto su Google perché i pochi capelli gli si rizzassero in testa. Il nuovo plenipotenziario della Asl più importante della Lombardia e, così si favoleggia, dell’Italia intera, calabrese di Palizzi, veniva diritto dalla guida della Asl di Monza- Brianza. Dove si era segnalato per essere incappato -non indagato- nella rete investigativa dei magistrati che si occupavano di ‘ndrangheta nell’ambito della famosa indagine “Infinito”. Foto con affiliati dei clan di Desio, rapporti stretti con un imprenditore mafioso arrestato. Bisogna conoscerlo, Roberto Nava. Un tipo distinto e tranquillo, dai baffetti paciosi. Che però ha ricevuto dal padre, operaio all’Innocenti, una severa educazione al pubblico decoro. Quel mattino di vigilia si è arrabbiato “calmamente”, per dirla alla Cetto Laqualunque.
“E come potevo non arrabbiarmi? Quando la scorsa estate venne fuori l’inchiesta sulla ‘ndrangheta in Lombardia, ci mobilitammo tutti, noi sindaci del Rhodense. Eravamo preoccupati, erano emerse complicità anche nella pubblica amministrazione. Così firmammo un documento: una specie di patto in vista dell’Expo 2015, con alla guida il sindaco di Rho. Sul nostro territorio saranno investiti milioni di euro. Perciò mettemmo per iscritto impegni su infrastrutture e parcheggi, più un capitolo specifico contro le infiltrazioni mafiose. E poi mi trovo che a dirigere la Asl ci mandano un signore del quale si parla in abbondanza proprio negli atti giudiziari e proprio a proposito delle infiltrazioni mafiose in Lombardia? E’ questa la prevenzione? Noi siamo responsabili davanti ai nostri concittadini. Così ho fatto immediatamente la prima protesta che potevo. Una lettera di dimissioni al presidente del consiglio di rappresentanza dei sindaci della Asl 1. Ero uno dei cinque membri in rappresentanza dei 73 comuni della zona. Ho fatto tutto da solo perché su certe cose non si discute. E subito sono arrivate le telefonate di adesione di altri sindaci”.
Da lì è nato quello che è nei fatti uno dei più importanti movimenti per la legalità mai visti al nord. Non gli studenti, non i cittadini qualunque. Ma decine e decine di amministratori che si uniscono e chiedono conto alla Regione dei criteri con cui assegna i posti di potere cruciali nella gestione della cosa pubblica. Che le chiedono di chiudere ogni varco ai venti e alle frequentazioni di ‘ndrangheta, dopo il clamoroso precedente della Asl Pavia, regalata in dote (anche lì nonostante le proteste dei medici) a un signore arrestato a luglio per ‘ndrangheta e già pregiudicato. Così Nava e i suoi colleghi hanno dato vita a conferenze stampa e manifestazioni presso le sedi istituzionali. Il sindaco, Pd ma eletto alla testa di una lista civica (“Insieme in cammino”), si è trovato d’incanto a dover fare ciò che un amministratore del nord in genere non immagina: il capopolo antimafioso.
Insieme con tanti amministratori di centrosinistra; e con il consenso a distanza di quelli leghisti, dubbiosi sull’”opportunità” della nomina. E dall’altra parte? Nel centrodestra è scattata una campagna di sostegno al nuovo direttore. A guidarla c’è il sottosegretario alle Infrastrutture Mario Mantovani, neocoordinatore regionale del Pdl, fedelissimo berlusconiano, che da sindaco di Arconate ha intitolato una piazza surreale alla madre del premier, testualmente a “mamma Rosa”. Eppure un quarto dei sindaci di centrodestra ancora non ha firmato. “Ma si rende conto?” incalza Nava “lo sa che cosa vuol dire l’Asl per il futuro di quest’area? Significa i controlli nei cantieri. E i cantieri significano l’Expo. E noi da un anno stiamo dicendo ‘occhio ai cantieri’. Ma vogliamo dare o no tutte le garanzie di metterci, almeno per quel che ci riguarda, al di sopra di ogni sospetto?”.
La questione è arrivata anche in consiglio regionale. Una mozione contro Pezzano. Non è passata grazie all’assenza decisiva dei consiglieri Udc, giulivamente impegnati con l’arrivo di Casini in città. E in ogni caso raccogliendo nell’urna il voto favorevole di un po’ di consiglieri della maggioranza. La partita è aperta. Contro la scelta della Regione, erogatrice recidiva di nomine sospette, si è aperta una partita che riguarda il futuro della Lombardia. Altre mozioni sono previste in provincia e poi nei comuni. Nava, il sindaco ribelle, ci spera. “C’è una norma varata proprio dalla Regione che stabilisce la possibilità della revoca quando insorgano problemi di compatibilità e conflittualità tra le istituzioni locali e il direttore generale. E qui di mezzo non ci sono beghe clientelari. Io non mollo. E non molleranno nemmeno i miei colleghi”.
Nando
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