Non è il nuovo Palavobis

Europa

5 febbraio 2011

Si riparte oggi dal Palasharp. Poi sarà un’infilata di manifestazioni. Le donne, il popolo viola, l’informazione televisiva. Giorni, appuntamenti, parole d’ordine. Lo stesso stato d’animo. Ma non è il bis dei girotondi, anche se all’origine della protesta c’è, in definitiva, sempre il confronto con la natura eversiva del berlusconismo. Le differenze sono tante. L’indignazione incredula allora, davanti alla scoperta di un gruppo di potere lanciato all’assalto del principio costituzionale della legge uguale per tutti. Proteso alla produzione industriale di leggi ad personam come non si sarebbe mai pensato possibile, in un contesto di placida “saggezza” circostante che invitava a non parlare di regime; con opinionisti e leader che indicavano gli istituti democratici disposti intorno agli eversori ma non vedevano i colpi di maglio che quegli istituti ricevevano ogni giorno.

Oggi non c’è solo indignazione o preoccupazione. C’è esasperazione, c’è vergogna collettiva, vergogna per l’immagine di un paese ridicolizzato davanti al mondo. Il senso di un degrado insopportabile che non colpisce più solo l’amministrazione della giustizia, ma invade e deturpa l’idea di cultura, dileggiata e trasformata in appendice inutile nel paese dell’arte, della poesia e del più grande patrimonio di beni culturali al mondo. Il degrado del senso comune, delle istituzioni trasformate -palazzi governativi, questure, prefetture- in luoghi di servizio per incontrollabili giri di prostitute. Il degrado antropologico che investe televisione, linguaggio e relazioni tra cittadini.

E’ significativo che nel cuore della rivolta ci siano le donne. Già nel 2002 esse erano state protagoniste e leader del movimento, anche se la narrazione successiva si è incaricata di farle sparire dalla scena. Ma stavolta sono incancellabili. Perché è il modello di femminilità proposto dai tempi che offende radicalmente il sentimento civile. L’idea dei meriti e dei talenti femminili, che ha in sé qualcosa di bestiale, con quel suo trasferimento automatico dai letti di corte alle istituzioni, comprese quelle di vertice. Non è solo la giustizia il tema. Il berlusconismo si conferma un’idea del mondo, nascosta nelle viscere della società italiana e resistente all’uomo sulla luna ai nuovi diritti e alla rivoluzione informatica.

La rivolta è donna. Ma è anche giovane. I girotondi ebbero per protagonista il cosiddetto ceto medio riflessivo. Soprattutto quarantenni. Ora c’è una componente giovanile che giunge dai grandi movimenti di protesta della scuola e dell’università, ridotte a pensiero di rango inferiore rispetto agli appalti della cricca o alle pulsioni sessuali di leader malati. Giovani sempre più attratti dall’idea di andarsene via dall’Italia e che sul lavoro vivono condizioni di supersfruttamento di cui il paese non ha memoria dal boom economico in poi. Giovani che viaggiano e che vivono con imbarazzo e rabbia la loro identità nazionale.

Non è la ripetizione del 2002. Sentimenti frustrati in settori una volta vicini a Berlusconi. Forze dell’ordine umiliate e scandalizzate, uomini delle scorte confiscati per accompagnare donne a pagamento, costretti a centinaia e centinaia a tacere, grida di aiuto e sentimenti di disprezzo che salgono dai commissariati di polizia e dalle caserme dei carabinieri. Il clero, benché sia stato purtroppo il più simoniaco mai visto da tanti decenni in qua, in imbarazzo pure lui. In imbarazzo gli imprenditori veri, trattati all’estero come gli ambasciatori di un  paese burletta. Come in imbarazzo sono i conservatori che sanno qualcosa di sobrietà e buona educazione: dalle leggi ad personam siamo passati al dominio del trivio, nuovo idioma e icona del potere. Più in generale, si avverte come il senso di un imminente e irreparabile salto nel buio: anche per questo gli ultimi anni sono stati così zeppi in ogni parte d’Italia di dibattiti e incontri sulla Costituzione, della quale tanti italiani si sono innamorati per la prima volta, facendola vincere in un referendum dall’esito per nulla scontato.

Semmai rispetto al 2002 manca ogni spinta dal parlamento. Allora un comitato “la legge è uguale per tutti” era stato alla testa della manifestazione di piazza Navona e avrebbe dato il via alle manifestazioni contro la legge Cirami. Oggi da quelle parti (ahi, le liste bloccate…) arrivano balbettii e prudenze. Ma c’è una forza antropologica profonda che anima, al di là della politica, questo nuovo movimento. Quella della modernità. Il rifiuto di vivere in un altro mondo. E sarà importante, sin da oggi, dare per intero il senso di questa ampiezza e profondità di motivazioni. Solo qualcuno non è cambiato. Sono i giornali del padrone. Per loro da oggi tornano i “forcaioli” e i “giustizialisti”. Quando si dice la fantasia al potere…Meglio così. Meglio non capiscano. Si troveranno rovesciati senza sapere perché.

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