Dimissioni! Dal vostro inviato speciale a piazza Castello

Sono appena tornato a casa dalla grande manifestazione. Breve caffé con la biondina, quasi in lacrime per non essere potuta venire (in quella folla la poverina non ce l’avrebbe fatta, ancora si tiene in equilibrio instabile). Ed eccovi subito le mie impressioni. Una marea di gente, anzitutto. Piazza Castello era impenetrabile per chi, come me, fosse arrivato con venti minuti di ritardo. Tantissime donne, di tutte ma proprio tutte le età. Ma anche molti uomini, e non credo tanto per approfittare di una manifestazione contro Berlusconi. Ma perché finalmente ci sta entrando in testa che quel modello di civiltà è ripugnante anche per noi. Molti cartelli e striscioni, ovviamente. Anche tricolori, spero non solo di Fli, ma in qualche caso si capiva bene che nascevano da simpatie finiane. Belli gli interventi e allegra la conduzione di una giovane (mi sembra, non si vedeva bene) palermitana. Unico neo, oltre il paio di bandiere di partito dell’immancabile rifondazione comunista (proprio non ci si riesce, eh?): la consueta incontinenza nell’uso della parola o nell’abbondanza degli oratori. Ragazze, due ore e mezzo con l’umidità che c’era, stando in piedi schiacciati tra gli ombrelli chiusi o aperti e senza vedere quasi nulla, sono abbastanza. O no?

Quante persone c’erano, volete sapere? Sicuramente più di trentamila, ma potrebbero essere state anche cinquanta perché era un fiume in piena fino a via Dante. Il guaio è che non si vedeva e oltre Cairoli non si sentiva nemmeno, per cui molti sono stati gli scoraggiati. In ogni caso erano infinitamente di più delle persone raccolte ieri al Dal Verme da Giuliano Ferrara. E bellissima -vi assicuro: bellissima- era l’onda delle sciarpe bianche. Bello anche sentire alzarsi quel grido “dimissioni”, pur se ancora troppo timido: trattato come uno slogan normale, che nasce e si esaurisce, e non come un tuono possente e infinito che sale dal popolo democratico italiano. Così deve diventare, perché ve l’ho ben detto, testoni, che si sta scatenando la combinazione chimica delle grandi svolte della storia. Egitto, Tunisia, Algeria, Grecia, Italia. Siamo in fondo il più africano dei paesi europei, e la Lega con le sue nozioni tribali l’ha ulteriormente africanizzato (con tutto il rispetto per il continente nero). Gheddafi prima si è attendato pubblicamente a Roma poi ci ha dato il bunga bunga. Bene, ora si ciuccino la rivolta. Dicevano bene i cartelli: è questione di decoro. Per questo non ne posso più in queste occasioni (oggi pure è successo) di sentir dire che però noi non abbiamo una proposta e che Bersani non sa comunicare. Amici: Bersani potrebbe essere anche muto, ma Berlusconi se ne deve andare. In una di queste conversazioni volanti, comunque, mi è capitato di dire (e ho scoperto di pensarlo davvero): almeno Craxi non ci ha portato sull’orlo di una guerra civile. Berlusconi ci proverà. La polemica sui puritani, lanciata da gente che fa crociate senza quartiere contro la pillola del giorno dopo, è solo l’antipasto dell’antipasto. Prepariamoci.

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