Storie di Piddì. Il “giovane” Fiano e la lotta alla mafia

Bene, l’Inter ce l’ha fatta. Stavolta sono tornati a casa contenti i suoi giovani tifosi (vedi post precedente). Sicché ora, una di notte, vi do un po’ più sollevato la notizia di domani-oggi lunedì. Alle 18.30 (palazzo delle Stelline, Milano) convegno del Pd su "Economia, finanza, nord. La nuova lotta alle mafie". Vi sto forse comunicando il mio calendario del giorno? Ma no, ingenuoni che non siete altro. Io lì non ci sarò. Non ci sono nemmeno stato invitato. Come altre volte, ma ora in modo ben più clamoroso e sfacciato. Ci sono ospiti che hanno tutte le carte in regola per parlarne: Ivan Lobello, Franco La Torre, Enzo Ciconte e i magistrati Giuseppe Pignatone e Anna Canepa. Per il resto si avvicendano Enrico Letta, Andrea Orlando, Emanuele Fiano, Maurizio Martina, più esponenti localissimi, talora assolutamente sconosciuti anche ai cittadini milanesi più attenti alla vita politica. Ospite anche Pisapia. Nessuno di loro, detto con ogni rispetto, è esattamente noto per essere un lottatore antimafia né per avere sul tema competenze particolari. Morale, il mio partito mi ha voluto platealmente discriminare. Molti mi han chiesto se io, interpellato, fossi altrove. No, rassicuratevi. Sono stato intenzionalmente escluso. Posso rimettervi insieme quattro appunti, senza modestia ma anche senza tracotanza? Così, giusto per riassumere. Ho fatto aprire a Milano il primo corso di Sociologia della Criminalità Organizzata nella storia dell’università italiana. Con una parte dedicata proprio all’impresa mafiosa. Con una marea di studenti e di tesi di laurea che stanno cambiando lo scenario della partecipazione civile lombarda. Su questo tema sono un punto di riferimento a Milano dagli anni ottanta (oh yes…). Ho scritto sulla materia più di una decina di libri, alcuni dei quali sono diventati dei classici (fino al biglietto di complimenti da Napolitano sull’ultima antologia). Sono il presidente onorario di Libera. Sono stato segretario della Commissione parlamentare antimafia. Tre sere a settimana sono in giro per la Lombardia a fare iniziative contro la ‘ndrangheta, con sale sempre strapiene. Ho un’agenda che straripa, con richieste da ogni parte d’Italia. Sono considerato sul piano internazionale (ohibò, perché non devo dirlo?) uno dei massimi esperti italiani. Tralascio il fatto di essere membro della Direzione nazionale del partito. Concludo: un partito così è un partito che intende sfregiarti in pubblico. Se ne parliamo a Milano, è il senso, noi nemmeno ti invitiamo come relatore. Non ci interessa nemmeno far vedere che abbiamo nelle nostre file un punto di riferimento storico della lotta alla mafia. Non ci interessano i consensi che ti porti dietro. Non lo fanno per cattiveria. Ma per meschinità. Forse per la mia indipendenza critica. Forse perché temono di sfigurare e qualcuno vuole avere, nel partito, la scena tutta per sé.  L’organizzatore del tutto è il “giovane” deputato Emanuele Fiano, responsabile – credo- della sicurezza per il Pd. Visto i “giovani”? Diranno che bisogna “rinnovare”; il guaio è che non sembrano pensarlo affatto le associazioni, le scuole, i circoli di partito, le parrocchie, le università che mi invitano e che invece non invitano i miei killer politici, dei quali non vedo traccia di passaggio andando in giro per l’Italia (diversamente da altri). E ai quali del partito non frega evidentemente nulla. Non credo nemmeno che si pongano il problema che io, discriminato con tanta platealità, possa essere accolto a braccia spalancate da Vendola o da Orlando- Di Pietro. Vogliono solo "sopprimermi" politicamente. E io non l’accetterò. Per dignità e per rispetto della mia vita, che a questa causa è stata interamente dedicata, sul piano civile, scientifico, culturale e politico. Quando loro finiranno la propria passerella, io sarò già a parlare di ‘ndrangheta a Pioltello, invitato da una parrocchia. Per andare il giorno dopo a farlo all’università di Cassino. E giovedì sera a San Fermo della Battaglia. E sabato a Calatafimi. E poi sempre così ogni settimana. Ecco, la distanza tra la politica e i cittadini. Chi pensa alla lotta alla mafia, chi pensa a beghe e rivalità e umori personali. L’avete letta “La Convergenza”? La ricordate la tesi di apertura, ripresa da Falcone? La prevalenza del cretino (relativo). Come spiegò Frank Coppola: “Vincerà il cretino. Questa è la mafia, signor giudice”.

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