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La Lombardia è cosa loro (scritto per il Fatto di oggi)
Colonizzazione. E’ questo il termine che la Direzione Nazionale Antimafia usa nella sua Relazione annuale (resa nota nella giornata di ieri) per lanciare l’allarme sull’ avanzata della ‘ndrangheta in Lombardia. Colonizzazione. E’ lo stesso termine che, tra rimozioni ed esortazioni a una “maggiore complessità” dell’analisi, il sottoscritto usa con convinzione da tempo quando parla del caso lombardo. Qualcosa che va ben oltre quei rapporti tra politica e ‘ndrangheta denunciati da Saviano, e la cui evocazione irritò il ministro Maroni. Qualcosa che indica processi più ampi e profondi, che certo si rovesciano poi nella sfera politica, traendone ulteriore forza e linfa.
Colonizzazione significa che i singoli paesi della Calabria trasformano progressivamente in “cosa loro” i comuni della Lombardia (sono ormai centoventi quelli in cui sono stati confiscati beni delle organizzazioni mafiose), spartendoseli scientificamente. Qui tocca a Platì, lì a Cirò Marina, qui ad Africo, lì a Melito Porto Salvo. In ogni comune in via di colonizzazione la “potenza colonizzatrice” chiama il proprio popolo. Arrivano gruppi di imprese, si inseriscono in un tessuto sociale nutrito dall’ emigrazione, suscitano ulteriori movimenti demografici chiamando imprese più piccole o manodopera fidata; sulla scia brulicano locali, pizzerie, bar, utilissimi per esercitare il controllo del territorio. Colonizzazione significa la morte del mercato in alcuni settori portanti dell’economia, a partire da quelli dell’edilizia e dei lavori pubblici. Perno di tutto, il movimento terra, attività da sempre e per antonomasia mafiosa e per combinazione (proprio lei!) esente dalla richiesta del certificato antimafia. Colonizzazione significa che gli imprenditori lombardi fanno fatica a competere con chi ha abbondanti liquidità a costo zero e pratica metodi “persuasivi” particolarmente efficaci; e che finiscono per accettare la signoria degli invasori, suggellata sempre più frequentemente da buoni e visibili rapporti di questi ultimi con esponenti della politica e dell’amministrazione.
Già, perché la ‘ndrangheta sa come fare per andare alla conquista politica delle metropoli. Parte dai paesi dell’hinterland milanese, dalla Brianza, dalla provincia meno rumorosa. Lì riesce a lavorare meglio. Lì l’imprenditore o il commerciante si sentono più soli, lì la protezione delle forze dell’ordine è minore, molte volte non c’è nemmeno un comando dei carabinieri; e, dove c’è, un nucleo di dieci-quindici militari si trova spesso a dovere fronteggiare clan di un centinaio di persone. In provincia i fatti non creano clamore nemmeno quando c’è l’omicidio, figurarsi un’auto o una tabaccheria che si incendiano o una ruspa o una discoteca che saltano. Silenzio stampa, invisibilità garantite. Nei comuni minori si riescono a inserire con più facilità i propri esponenti. In molti consigli si viene eletti con alcune decine di voti, vista la sciagurata tendenza dei cittadini onesti a non dare il voto di preferenza. La ‘ndrangheta mobilita militarmente le sue parentele e quei voti per lei sono uno scherzo, la sua gente la preferenza la dà, eccome. Per questo a volte i suoi consiglieri risultano i più votati e vanno subito per diritto politico a fare gli assessori o i presidenti dei consigli comunali. Da lì poi, dalla periferia ben presidiata, la ‘ndrangheta accerchia e stringe d’assedio la metropoli. Così nel consiglio comunale di Milano sono oggi ben otto su sessanta i civici rappresentanti finiti in forme più o meno pesanti (benché non indagati) nelle inchieste di ‘ndrangheta. E chissà se questo ha pesato sulla lotta senza quartiere condotta a Palazzo Marino contro la nascita della commissione antimafia.
Colonizzazione significa avere dall’interno delle filiali di banca informazioni sulle imprese in sofferenza da andare a usurare e poi a comprare. Significa avere dall’interno di un corpo di polizia locale informazioni sulle targhe civili degli investigatori. Significa diventare fornitori di servizi illegali per una borghesia sgomitante: prestiti, licenze, appalti, smaltimento dei rifiuti, intimidazioni contro sindacalisti riottosi. E naturalmente cocaina. Né va trascurata la dimensione spirituale. Ad esempio lo sbarco in un comune lombardo del santo protettore della madrepatria, travestito da gemellaggio culturale-religioso grazie alla grulleria di qualche amministratore. Colonizzazione significa omertà, mutamento antropologico; assuefazione -nei comuni conquistati- al silenzio, alla paura, fino alla negazione dell’esistenza stessa delle cosche. Significa avere amministratori e politici che parlano come i sindaci siciliani degli anni ottanta: la mafia non c’è, vergogna a buttare quel marchio addosso a popolazioni oneste e laboriose. Colonizzazione significa la ‘ndrangheta che va all’assalto della sua passione calabrese, quella che produsse la morte di Francesco Fortugno: la sanità, l’eldorado che la Regione Lombardia sembra volerle mettere a disposizione. No davvero che non è solo un rapporto tra clan e politica. Magari…
Nando
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