Gioielli, gioiellini e traditori. E giornalismo demenziale (ma vedetevi Marzullo, pigroni!)

Bene, tra ieri e oggi sono state quindici tesi di laurea. E qualcuna proprio bella c’è stata. Già suggerite a “Narcomafie” quelle di cui si possono pubblicare degli estratti. Avete visto il numero di febbraio della rivista, a proposito? La Monica Angelini che ha scritto pagine intere sui narcos messicani è uno dei miei gioiellini. E’ appena uscito in libreria, invece, l’ultimo gioiello di Melampo. Si intitola “Mafia a Milano. Sessant’anni di affari e delitti”. L’hanno scritto tre celebri penne di “Società Civile”, ovvero tre allievi di razza: Mario Portanova, Giampiero Rossi e Franco Stefanoni. Introduzione di me medesimo. E’ davvero il libro più completo, ricco e sistematico sull’argomento. Stile sciolto ma mente scientifica. Augh, ho detto. Presentazione il 30 sera alle 21 allo Spazio Melampo, con Gomez e Spataro. Prevedo successo di lunga gittata. La materia infatti è incandescente. Specie a Milano e dintorni, dove cresce esponenzialmente il bisogno di sapere e di capire. E le autorità politiche e amministrative lombarde devono essere proprio ben compromesse o ricattate per non essere ancora capaci di dire una sola parola di condanna o di mobilitazione. Il vero problema, ormai, sono loro. In fede mia vi dico che per servire interessi di parte essi stanno tradendo la patria (va là che ci sta bene un bel linguaggio risorgimentale…). Ci mancava pure la maldestra polemica di Formigoni con Vendola.

D’altronde neanche la drammatica lettera al “Corriere” del procuratore di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone, ha smosso nessuno. A proposito, fatemi registrare con legittima soddisfazione che le tesi della “Convergenza” stanno diventando cultura comune, che le sue parole ed espressioni stanno sfondando nel dizionario degli specialisti e dei militanti. Eddai, questo è il successo di un libro, mica se vende come Faletti. La forza della mafia è fuori dalla mafia, la colonizzazione, il “cono d’ombra” mediatico di cui si è avvantaggiata la ‘ndrangheta (Pignatone, appunto)…

Mentre, sempre in proposito, fatemi registrare con garbo furibondo la frase attribuita a Federica Pellegrini. Le hanno chiesto di parlare dei luoghi comuni. E lei ha risposto che per esempio la mafia è un luogo comune che le dà molto fastidio. Ha ragione. Sapesse quanto fastidio ha dato a me, e a un bel po’ di altre persone… La inviterò alla prossima giornata di primavera di Libera, così vedrà di essere in numerosa compagnia.

P.S. Già che vi parlo della giornata di Libera, mi ero dimenticato, tornando da Potenza, di lanciare un caloroso appello. Per favore, per favore: basta con queste demenziali scuole di giornalismo che cronisti falliti, insegnanti e adulti di ogni foggia portano tra i parenti delle vittime considerati come uno zoo per fare i propri “servizi” o “inchieste”. Giuro, è l’ultima volta che tollero questo malcostume. La prossima lo denuncio dal palco. Sapete cosa fanno? Mandano ragazzi che nulla sanno di quelle tragedie e gli fanno schedare i parenti: “Lei chi è? Dica nome e cognome”. “Ci racconta cosa le è successo?”. Poi, in testa loro, fanno le commoventi gallerie dei personaggi. Sensibilità zero. Ignoranza infinita. Stavolta quando mi è stato chiesto che cosa mi era successo (avevo avuto un precedente a Bari) mi sono trattenuto dal gettare all’aria la telecamera. Poi è arrivata una seconda scuola di giornalismo, che raccontava di lavorare per la Rai (ma pensa te!): “Lei è la prima volta che viene qui?”. Il vaff non è uscito dalla bocca ma nel cuore è stato potente come un tuono di Giove Pluvio. Minchiazza -direbbe sempre Lillo-, io al corso di giornalismo antimafioso ho insegnato a conoscere e studiare prima la materia che si va a raccontare, specie se è materia umana. Studiare: conosce lei questa parola? E qui dovrei parlare del Parini, come mi è stato richiesto da persona che nel cuor mi sta. Lo farò, parola d’onore.

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