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Il leader d’altri tempi che sostiene Pisapia
Il Fatto Quotidiano
8 maggio 2011
Giuliano Pisapia non lo sa. Ma la sua campagna elettorale sta contando sull’abilità affabulatoria e sulla forza persuasiva di un leader particolare. Un leader d’altri tempi, quando le sezioni socialiste o comuniste le aprivano i calzolai, i barbieri e i falegnami. Era un calzolaio il segretario della sezione socialista di san Giuseppe Jato che stava parlando in piedi su una roccia quando la banda Giuliano prese a sparare all’impazzata sulla folla pacifica di Portella delle Ginestre. Era un barbiere ancora adolescente il fondatore della sezione della Fgci di Crotone che nel ’53 venne per questo insignito della stella d’oro da Enrico Berlinguer. Si chiamava Tonino Gatto. Proprio come si chiama il nostro parrucchiere “unisex” di via Salasco, zona Bocconi-Porta Romana, che oggi arringa con prosa semplice e rotonda i possibili elettori di Pisapia. E’ lui, infatti, il militante di quasi sessant’anni fa a Crotone. Arrivato a Milano negli anni del boom perché qui i barbieri avevano più mercato. Al suo paese, Carfizzi, per campare doveva fare l’abbonamento annuo ai contadini, che glielo pagavano in natura. Così in agosto, a dorso di mulo, andava a riscuotere il grano e lo vendeva. L’ultima volta tirò su quaranta quintali e li convertì nel gruzzolo necessario per tentare l’avventura di Milano. La pensione in corso Italia, poi un po’ in giro per botteghe a sostituire gli ammalati, fino all’arrivo da un parrucchiere di corso Vigentino. “Lì servivo un sacco di persone importanti. Tenori come Del Monaco e Corelli, Flo’ Sandos, ma anche il pittore Fontana, quello dei tagli sulle tele. Finché nel ’62, lo stesso anno in cui ho sposato Antonella, una ragazza milanese, ho aperto il mio negozio, questo qui, e ci ho fatto mezzo secolo”.
Sottinteso: sempre con la stessa passione per la politica. Lo sguardo vivo e indagatore sotto gli occhiali, il nostro interlocutore lancia lampi di entusiasmo e di nostalgia se si parla dei tempi della sua giovinezza. “Che personaggi che c’erano allora! Alicata, Pajetta, Terracini, ma vuole mettere? Quando andai a sentire il primo comizio vero mi commossi. Era Palmiro Togliatti. Certo che ho nostalgia di allora. Io sono molto nostalgico. Ero stato eletto anche nel comitato federale di Crotone, avevo fatto la scuola di partito a Ferrara. Che cosa penso della politica di oggi? Che fa pena.”
Il signor Tonino è sui settantacinque, forse li ha passati, ma ad andare in pensione non ci pensa nemmeno. “Finché c’è la salute…E anche se la proprietà dovesse vendermi il locale un’altra cosa me la trovo, da indipendente però, non sotto altri”. La giacca di lavoro, la vetrina resa impenetrabile per proteggere la privacy dei clienti, visto che amministra donne e uomini, e anche qualche celebrità. Spicca la foto con Ugo Tognazzi, cliente abituale, anche se lui ha “servito” anche (ed è bellissimo quel verbo “servire” pronunciato con tanto rispettoso orgoglio) gente come il presidente della Rai Claudio Dematté. Dentro, ad accompagnare i movimenti del rasoio, c’è quasi solo la sua voce. Riservata con i clienti che la pensano in altro modo (“non sarebbe educato irritarli, anche se ora che sono vicino alla fine qualche libertà in più me la prendo”), rotonda e flautata con quelli con cui capisce al volo che può permettersi qualche commento. Con certe sue garbate frasi dubitative che sono autentiche sferzate per le banalità che ogni tanto gli finiscono sotto le forbici. Non ci resiste. “No, non mi chieda che cosa guardo in televisione. Solo politica. Ballarò, Santoro, La7, le inchieste. Il resto non mi interessa. Guardi, ormai non leggo neanche più i giornali. Mi piace Travaglio, è bravo quel ragazzo, mi fa una simpatia particolare, peccato che non sia di sinistra”.
Ce l’ha con la Lega, che ha distrutto la bellezza del discorso politico. Ce l’ha con Berlusconi, che la politica l’ha asservita ai suoi interessi. Se passate all’ora del tramonto di queste giornate ormai lunghe davanti alla sua bottega, lo trovate sull’uscio con le maniche arrotolate che ammaestra capannelli di persone. “Berlusconi?”, dice, “io mi sono fatto l’idea che i ricchi non devono fare politica, loro già comandano. La politica devono farla quelli che vengono dal popolo, di tutte le condizioni, purché abbiano un’istruzione vera, se no fanno disastri”. E giù con le sue memorie, che sono un pozzo senza fondo. “Lo sa chi mi è piaciuto di più a Milano? Tognoli. E’ stato un buon sindaco, l’ho pure conosciuto. Venga dentro un attimo a vedere, questo è l’ambrogino d’oro che presi nell’80. Avevo insegnato senza prendere una lira ai corsi di formazione professionale della Regione. Anni a istruire gratis nuovi parrucchieri, la mia concorrenza, ma Milano ne aveva bisogno. Perciò, come scrisse ‘La Notte’, ci fu ‘una pioggia di ambrogini per gli acconciatori”’. Passano le signore con la borsa della spesa e lo salutano, passano i ragazzi e si fermano a sentire. Sorridono quando racconta un episodio della giovinezza che hanno già sentito.
Lo scrittore Giuseppe Genna, che gli ha dedicato un ritratto su facebook, gli ha detto una volta che meriterebbe un libro, e forse è vero. A lui, ovviamente, piacerebbe molto. Ma più ancora gli piacerebbe che vincesse Pisapia. Per ritrovare la Milano degli anni cinquanta. “Allora era tutto diverso, tutto più facile. Per l’ambiente, l’armonia, la disponibilità. Era bellissimo. Oggi vorrei da Pisapia più ordine, più verde, molto più aiuto agli anziani, ma lo sa lei quanti ne vedo tribolare? E posti per le attività sociali, perché mancano davvero”. Il leader popolare tira giù la serranda e saluta il suo pubblico. Il capannello si scioglie. E che nessuno più parli di “discorsi da barbiere”.
Nando
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