I ragazzi di Pisapia e il deserto Moratti

Il Fatto Quotidiano
15 maggio 2011

D’accordo. E allora visto che finora non l’ha scritto nessuno, diciamolo qui: a Milano erano decenni che non si vedeva una qualità così alta dei candidati al consiglio comunale. Nel centrosinistra, si intende, perché dall’altra parte sembrano obbligati a tirar fuori dal cilindro conigli sempre più spelacchiati. Nelle case, nei gruppi di amici, circola da settimane sempre la stessa battuta. Non si sa per chi votare. E non per l’impresentabilità o la mediocrità delle candidature, ma per l’abbondanza di quelle buone. Ce n’è per tutti i gusti. Buoni o ottimi consiglieri comunali uscenti, professionisti, intellettuali, ecologisti; esponenti delle associazioni di volontariato più prestigiose o outsider delle associazioni giovanili più effervescenti. Mai tante persone note della società civile organizzata avevano dato la disponibilità a metterci la faccia. Non i nomi grandissimi, i mostri sacri usati ogni tanto come specchietto per le allodole, sapendo che avrebbero prima o poi dato le dimissioni o che non si sarebbero impegnati. Ma i nomi di livello, conosciuti e apprezzati nei cosiddetti mondi vitali: la scuola, l’università, la musica, i comitati di quartiere, le comunità di recupero, le libere professioni. Molti i giovani, e non i portaborse dei deputati, ma i giovani veri, quelli che si guadagnano sul campo la stima dei loro coetanei. Per questo non girano molte sponsorizzazioni dei singoli candidati. Per non dispiacere ad altri che meriterebbero appoggio uguale o maggiore. Lo stesso succede nei consigli di zona, di solito improbabili arene per perfetti sconosciuti. E anche i comuni dell’hinterland (in particolare Rho, quasi sessantamila abitanti) vivono uguale, spumeggiante stagione. E d’altronde non si era avuto il primo segnale proprio con la candidatura alle primarie – spontanea, non contrattata- di tre grandi professionisti come Giuliano Pisapia, Valerio Onida e Stefano Boeri? In autunno purtroppo, presi dalle polemiche intestine, non si è saputo trasmettere all’esterno il grande valore di quella  competizione. Oggi si capisce che è stata la prima spia del cambiamento.

Un cambiamento importante. Vuol dire che Pisapia non è il candidato di bandiera con cui nascondere o compensare una politica mediocre, ma il punto più alto di una risalita collettiva. Che il deserto politico sofferto da Milano dopo Tangentopoli si va riempiendo, e non raschiando nelle nomenclature di partito, ma grazie a linfa ed energie nuove. Comunque vada a finire, non ci sarà più l’usa e getta, il ricomincio da tre. Perché sta nascendo qualcosa di nuovo. Con una unità di consensi, dalla borghesia moderata, quella vera, ai centri sociali, che non è mai stata così ampia. Hanno ben scavato, per giungere a questo risultato, l’amministrazione Moratti, il delirio berlusconiano, la xenofobia leghista. E ci ha messo del suo Giuliano Pisapia, difensore dei ragazzi di Bolzaneto ma gradito alla classe dirigente colta della città, compresi alcuni suoi segmenti ex socialisti.

Avremo il giudizio di Dio per Berlusconi? Oppure bisogna “solo” scegliere tra Moratti e Pisapia? Su questo c’è ampia discussione. In città e a livello nazionale. Ma a Milano, dove ben si conosce lo strapotere del capo del governo quando riesce a imporre il vento delle ideologie e degli scontri epocali, la maggioranza della sinistra pensa che sia meglio, molto meglio tenere i toni bassi, quasi far finta che non si vada a votare. Non è un caso se la destra vuole parlare, come nel ’93, di centri sociali e di pericolo comunista; o se il suo leader farnetica di bierre in procura, o di sinistra che non si lava. Meglio, molto meglio parlare delle buche: già, le infinite e clamorose buche nelle strade che danno tanto fastidio pure a Bossi. E anche dei i buchi vertiginosi nei conti delle società collegate al Comune. Dei servizi che peggiorano. Di una valanga di metri cubi in verticale dove nessuno andrà mai ad abitare o a lavorare, ma che stanno soffocando ogni spazio della città. Meglio parlare del bisogno di cultura, di buona creanza e di solidarietà, perché quando è troppo è troppo. E ricordare che la politica è nata in fondo per sottrarre le società all’imperio dei ricchi mentre qui una coppia di ricchi, Berlusconi e Moratti, pretende per sé pure la politica. Che dietro i due candidati principali ci sono mondi diversi. Chi vuole restituire decoro civile a Milano, chi la vuole servire, insomma, e chi vuole servirsi di Milano per arricchirsi e arricchire gli amici. L’effetto sarà nazionale, non c’è dubbio. E ci mancherebbe. Ma è su questo che si vota.

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