La meglio gioventù di “Stampo Antimafioso”

Il Fatto Quotidiano
19.6.11


D’accordo, parla cuore di prof. D’accordo, sono stati o sono quasi tutti miei studenti. Ma chi ne parlerebbe se no? Perché i giovani valgono quando spostano voti o rovesciano culture. Ma poi conoscerli di persona, sapere come spostano voti e rovesciano culture ogni giorno, questo non interessa. Non fa notizia. E invece è notizia che a Milano una quindicina di studenti universitari e alcuni neolaureati si diano convegno da tutta la Lombardia (e non solo) ormai da settimane per fare un sito specializzato per la facoltà di Scienze politiche. Un sito tutto sulla criminalità organizzata al nord. E’ notizia che si abbeverino, per far “la cosa giusta”, a libri, atti giudiziari, testimonianze. Che abbiano deciso di viverla da professionisti, perché sulla rete ormai chi è bravo fa miracoli, informazione, satira e pubblicità. E dunque si studino la storia del giornalismo antimafioso, “L’Ora”, “I Siciliani” e tivù e radio. E poi come si fanno le cronache e le interviste. E naturalmente le inchieste, ci mancherebbe, si sono bevuti serate di formazione con Mario Portanova e Fabrizio Gatti, e sono in corrispondenza d’amorosi sensi con Riccardo Orioles, il risorgimentale luogotenente di Pippo Fava.

Eccoli qua. Si chiamano Martina e Morgana, Alessandro e Marzio, Giulia e Niccolò. E poi Dario e Dario. E ancora Giacomo, Orlando, Monica, Roberto, Federico, Luca, Ilaria, Tommaso ed Ester. E altri ancora che si aggiungono e marcano visita, un po’ a fisarmonica, a seconda degli esami. Sono milanesi e siciliani, ossolani e valdostani, campani e brianzoli o varesini. Quanto a idee vanno dallo scoutismo praticante a vaghe simpatie anarchiche, passando per tutto quello che c’è in mezzo. Il loro sito si chiamerà, con un gioco di parole che rinvia al 416 bis del codice penale, “Stampo antimafioso”.

Si stupisce, Martina, nel suo coloratissimo guardaroba, se le si chiede perché. “Perché c’è un’aria nuova che ci fa sentire responsabili. Oggi a Milano i giovani sono galvanizzati per Pisapia, ma la rincorsa è incominciata prima. Io respiro un’altra aria dai tempi dell’Onda. Lì è cambiato, lì ho sentito scattare la parola chiave che ora ci spinge: consapevolezza. C’è una consapevolezza nuova nelle università ma anche nei licei, mica si manifesta più per nostalgia o per bigiare a colpi di populismo. Contro il sistema mafioso occorre una lotta culturale. E chi deve farla se non noi che abbiamo in mano il futuro del paese?”. Danno esami o si cimentano con i primi lavori ma in realtà si sognano analisti e narratori di  temi maledettamente ostici anche per la stampa più potente. “Ma sì”, si scalda Marzio, la fascia nera che gli trattiene i capelli  come un tennista o un centravanti. “Come si fa a non volere più informazione davanti a questo pervertimento dei poteri? A me interessa fare il sito per preparare il mio futuro, anche professionale. Ma poi anche per reagire alla disillusione che ti prende quando vedi che gridi il tuo dissenso e dai vertici non ricevi risposte. E in ogni caso bisogna pure far capire a questa società che ci sono problemi ben più seri dell’immigrato e del ragazzo che fa i graffiti sui muri.”

Lavorare da professionisti…In realtà il livello già c’è, a quanto pare. Giulia aveva mandato un suo pezzo sulla Val d’Ossola a Libera Informazione. Pubblicato. Solo che qualche furbacchione glielo ha ripreso, ha cambiato (sbagliando) qualche nome, ha tolto la firma di Giulia e lo ha ripubblicato su un quotidiano nazionale. C’è un’etica del giornalismo, dicono. E a loro piace l’etica che predicava Pippo Fava. “Sono stata io”, racconta Morgana, che vive a Saronno ma è nata a Catania e ce l’ha scritto in faccia che è siciliana. “Sono stata io a trasmettere loro il mito di Fava. Che cosa ne sapevo? Ci ho fatto la tesi triennale a lettere. Me ne avevano parlato in casa, ma non mi convinceva quella storia del cronista un po’ pazzo che non poteva che finire così. E allora me lo sono studiato tutto, ho parlato con chi ci ha lavorato. E la cosa che mi piace di più del suo giornalismo è la voglia, la capacità di scavare nelle storie delle persone”.                         

Si erano ingenuamente immaginati una struttura di redazione quasi ministeriale: una dozzina di settori diversi, ciascuno con il suo responsabile. Poi ci hanno ripensato. Olio di gomito in comune se no qua non parte niente. Per questo si sono ritrovati più volte per gli ultimi dettagli sui Navigli, con Pietro, l’oste, intenerito a sentirli progettare e a vederli ingollare pantagruelici happy hour. Magari di ritorno dall’apertura del processo Crimine-Infinito, quello che ha picchiato nello stomaco della Lombardia che conta,  poiché hanno anche avuto la curiosità di andarsi a studiare l’antropologia degli imputati. Hanno fatto pure i conti. Queste centinaia di euro per l’associazione e ci siamo svenati. Questi per i viaggi per venire a Milano. Questi per stare insieme la sera, anche se Pietro gli fa gli sconti. Ne mancano centosettantanove per l’apertura del sito. “Prof, non è che ci darebbe un contributo?”.

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