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Il bello dell’università. E Rocco Chinnici con il ciuccio
Finiti. Sissignori, ho finito tutti i corsi. E da martedì 28 si attacca con gli esami, che si annunciano a caterva (più 24 magnifici laureandi a luglio). Ho chiuso ieri il corso di Sociologia della criminalità organizzata. E un po’ me ne dispiace. Mi mancheranno le lezioni; mi mancheranno soprattutto le espressioni attente, talora stupite, degli studenti; perfino qualche risata un po’ indisponente, che è come il prezzemolo, la trovi ovunque. Fatti i conti, e stando alle firme, sono passati dal corso 208 studenti. Anche se 28 hanno resistito una lezione o due. Interessante la divisione per sesso: 77 studenti e 131 studentesse, a conferma che l’antimafia è soprattutto donna (basta vedere le insegnanti, le ragazze che entrano in Libera, il pubblico alle presentazioni dei libri). Quando ho finito la lezione dando appuntamento al 28 ho ricevuto un applauso lungo, commovente. E se ne parlo qui è solo per ringraziare pubblicamente gli studenti che leggeranno, ai quali -in omaggio all’antimafia al femminile- ho regalato “Le Ribelli”. Giuro che è stato un momento indimenticabile.
E’ il bello dell’università. E’ stato un trionfo per quelli di “Stampo antimafioso” (vedi qui a destra). Telefonate e messaggi di giornalisti e intellettuali, disponibilità a dar contributi economici alla redazione, richieste di radio e tivù, inviti a dibattiti…Ah che soddisfazione, le buone notizie valgono più di un avviso di garanzia, a volte, anche per un giornale come “Il Fatto”.
E’ il bello dell’università. Finito anche il laboratorio sperimentale interdisciplinare su Sociologia della Criminalità Organizzata e Arti Visive. Gestito insieme da Scienze Politiche e dalla Nuova Accademia di Belle Arti. La scommessa era mescolare due tipologie molto diverse di studenti per fare progetti di comunicazione (manifesti, spot, guerrilla marketing, ecc) contro la mafia. Sono venuti fuori dei prodotti del tipo pubblicità progresso belli o bellissimi, anche se in qualche caso da rifinire. Saranno presentati in convegno creativo il 16 novembre mattina a Scienze Politiche. Segnate la data in agenda, please. Io intanto sogno che il comune di Milano (o altri, perché qui i chiari di luna non sono dei migliori) li adotti per una bella campagna antimafia.
Il bello dell’università è anche che Matteo, mio laureato calabrese, si sia fatto due ore di andata e due ore di ritorno in auto solo per venirmi a salutare all’aeroporto di Lamezia, senza fra l’altro avere nemmeno il tempo di passare dal festival (sta lavorando in un villaggio turistico e aveva il turno di notte). Stregato dall’Uruguay, dove è stato un po’ di mesi e dove forse tornerà, ma sempre più motivato a battagliare contro la ‘ndrangheta in nome della libertà di giornalismo e di opinione.
E a proposito di Lamezia, infine, ho dimenticato di raccontarvi di un incontro. Giovanni Chinnici, figlio del giudice Rocco (il primo ispiratore dell’idea del pool antimafia a Palermo, fatto saltare con un’autobomba nell’83), mi ha presentato un bimbetto di quattro anni, timido, con gli occhialini: “ecco Rocco”, mi ha detto. Al che io ho avuto un sussulto di tenerezza, pensando a quanti sono stati i nipotini che hanno ricevuto il nome di nonni eroi in questa terribile storia di mafia e di antimafia. Rocco è partito con papà e mamma in auto per Palermo. Ma ha annunciato subito: “voglio dormire in macchina”. “Certo” ha risposto il papà. Lui, pronto, ha alzato subito il prezzo: “sì, ma con il ciuccio”.
Nando
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