Cronache danesi parte seconda. Sconsigli e consigli d’amico

Volge al termine la missione esplorativa in Danimarca. Cielo piovoso su Copenhagen e pioggia dentro la stanza dell’albergo, dal soffitto e non attraverso i vetri della finestra. La biondina e io abbiamo dovuto stendere asciugamani dell’albergo (tie’) a protezione delle nostre mercanzie sul tavolo accanto al davanzale. Consiglio vivissimo: non date retta agli elenchi Best Western quando scegliete gli alberghi (tre stelle). Il primo che abbiamo preso (Richmond) si fregiava di essere nell’elenco ma ne era stato tolto. Il secondo invece (Mercur) c’è effettivamente, ma c’è anche effettivamente stata la pioggia in stanza. Né, a quanto si è capito dalle lamentele alla reception, siamo stati gli unici a battagliare con l’acqua. Altro consiglio da turismo equo e solidale: fuggite come il demonio il Danhostel di Vejen. Vi fanno pagare il breakfast senza dirvi prima che per averlo dovete fare quasi un chilometro a piedi. E costa pure caro, alla faccia dell’ostello (60 euro a cranio). Se penso che l’Ostello Bello del Gracco costa 90 a stanza per due, e sta nel centro di Milano…

In ogni caso l’esplorazione fu piacevole assai. Il viaggio è viaggio, mica è un babà. Come vi avevo annunciato, sono stato ad Aahrus, città bella e pimpante. Ne ho approfittato per andare a dare un’occhiata all’università. Premesso che purtroppo non vi troverei molti spazi disciplinari (mi pare solo a economia) per farci qualche corso, è proprio un incanto, distribuita su una collina verdeggiante a mo’ di campus, con edifici piccoli, e perfino un ruscello con ponte che scorre nelle vicinanze degli istituti, e innamorati disseminati sul percorso. Stava in ammirazione un’altra coppia non più adolescenziale, con cartina italiana, e mi è parso di riconoscere in lui un collega di altra università. Vedi un po’ che cosa non si sognano questi fannulloni accademici: un posto dove sia più bello e funzionale lavorare, tanto da dedicare al sogno il tardo venerdì di un viaggio oltre confine (con moglie al seguito…).

Bellissima l’isola di Fano (la “o” tagliata alla scandinava). Credetemi, è letteralmente fiabesca. Ed è incredibile che le cartine o i libri turistici sulla Danimarca non vi dicano: “dopo Copenhagen andate assolutamente sull’isola di Fano, un’esperienza imperdibile…”. Già. Fano è sul lato sud-occidentale dello Jutland, Mare del Nord. Dieci minuti di traghetto da Elsbjerg. Noi ci siamo andati un po’ per caso un po’ perché la vicina e celebratissima Ribe, città più antica della Danimarca, per quanto fascinosa, più di due-tre ore proprio non chiede (io ci ho trovato pure il tempo per comprare, indovinate un po’?, un presepe danese fatto a mano in legno, intrufolandomi all’inaugurazione di un negozio per turisti, dove i presenti pensavano solo a sbafare, molto all’italiana). Anche la cattedrale, a Ribe, è deludente. Certo non le ha giovato, al nostro passaggio, un surreale coro di Brema. Una cinquantina di miei coetanei (e oltre) con divisa d’ordinanza a strisce bianche e blu che sembravano alla loro seconda prova: schierati davanti all’altare, con un capo con berretto irrispettoso in testa, di cui circa la metà (quasi tutti gli uomini) se ne stavano muti e al massimo facevano ogni tanto “euhm…”. Fano, è altra cosa. E’ prima di tutto un’esperienza umana. Cieli alti, sabbie che emergono secondo maree popolandosi di uccelli a riposo, nuvoloni immensi e innocui che vanno e vengono. E soprattutto case con i tetti fatti in paglia che solo a vederle resti senza fiato. Uno dice “paglia” e pensi alla miseria, poi vedi la “paglia” e sei roso dall’invidia. Una delizia. Giardini con casette per i bambini, casette per gli uccelli, campetti di calcio. Alla fine entri in un posto per mangiare rassegnato all’idea che se è bello il paesaggio dovrai, per legge del contrappasso, accontentarti, e invece scopri una cucina raffinatissima. Nel nostro caso in un pub del 1664. Ragazzi, ma come si fa a non segnare il traghetto per Fano tra i “doveri” (guai a chi dice "must"!!!) del viaggiatore in Danimarca?

Leave a Reply

Next ArticleNote di viaggio al ritorno