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Commissione antimafia a Milano/1. A voi il modello Smuraglia
Commissione antimafia a Milano. Chi l’avrebbe mai detto che la cosa chiesta e richiesta dal popolo del centrosinistra, e poi promessa e ripromessa da Pisapia, mettesse così a nudo le debolezze del centrosinistra medesimo, non solo sulla questione della mafia (questo lo sapevamo, se no non saremmo a questo punto) ma anche delle culture istituzionali, degli interessi particolari, delle concezioni dell’agire politico, della natura delle associazioni, e perfino della gestione della verità dei fatti e delle relazioni umane? Questo è il primo di una serie di post che vi proporrò perché sia chiaro a tutti che cosa oggi sta succedendo a Milano e qual è la mia posizione. E aggiungo: devo farlo perché la campagna di calunnie che è stata montata nei miei confronti è ormai di una spregiudicatezza e di un livore insostenibili. Nella mia vita ne ho passate di tutti i colori ma questa esperienza (essere diffamato all’interno del tuo partito o schieramento e soprattutto della associazione di cui sei presidente onorario) ancora mi mancava.
La questione dunque è: commissione tutta composta da consiglieri comunali o commissione ispirata al Comitato Smuraglia del ’91-’92 che operò benissimo? Per chi non lo sapesse, Carlo Smuraglia è un professore, avvocato, oggi con tre legislature alle spalle in veste di senatore (fu anche presidente della commissione Lavoro del Senato), e attuale presidente nazionale dell’Anpi. Allora Smuraglia era consigliere comunale e proveniva da una intensa attività di partito, professionale e istituzionale (Csm) contro la mafia. Propose l’istituzione di un comitato di indagine sulla mafia (la dicitura era più complessa). E propose pure di costituirlo, pensate la follia, cercando di renderlo il più efficace possibile. Dunque chiamò a farne parte degli esperti esterni, tra cui me medesimo. In tutto quattro consiglieri e undici esterni. Smuraglia, galantuomo di partito, voleva forse delegittimare la politica, che è l’accusa trombonesca che fanno oggi alcuni oppositori del suo modello? Per niente, la voleva legittimare: vedete un po’ che cosa siamo capaci di mettere insieme, per combattere la mafia. C’erano tre ragioni che stavano dietro questa scelta, che venne approvata (prendete nota anche di questo) dalla maggioranza che sosteneva il sindaco Pillitteri: a) dare a questo comitato più competenze e conoscenze possibili (con la mafia non si scherza); b) sottrarre la commissione al gioco dello scambio politico, tipico delle commissioni interamente politiche (con la mafia non ci si può permettere di tacere la verità per ragioni “politiche”); c) sottrarre la commissione a ogni tipo di strumentalizzazione (con la mafia non si può giocare a ingigantire o sminuire la verità a seconda delle amicizie o inimicizie politiche).
Pazzesco, eh? Un attentato alla dignità della politica… Un’accusa infamante di ignoranza rivolta alla maggioranza dei consiglieri comunali… Un inno ai tecnocrati (di Bruxelles, magari…)… Era davvero questo? No, semplice buon senso, puro senso di responsabilità davanti alla città, che allora (e si era in piena Tangentopoli!) non venne contestato da nessuno. I lavori furono proficui e produssero una Relazione straordinariamente attuale, ricca di analisi e di indicazioni. Senza sconti e senza strumentalizzazioni per nessuno e su niente. Per questo quando il centrosinistra ha promesso la commissione antimafia ero certo, certissimo, che avrebbe preso a modello il comitato Smuraglia. E per questo (ma ci tornerò sul prossimo post) ho comunicato la mia disponibilità a guidarla. Salvo rendermi conto che la maggioranza non aveva la minima intenzione di prendere in considerazione quel modello. Che lo rifiutava con sdegno. Che voleva una commissione fatta per intero di consiglieri comunali. E questa è la sostanza della discussione di oggi a Milano (continua…)
Nando
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