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Commissione antimafia a Milano/3. Tu chiamale, se puoi, obiezioni
Eccomi di nuovo. Purtroppo non riesco ad assicurare all’illustre Blog i ritmi desiderati. Nel frattempo è iniziata la grande Summer School sull’Impresa mafiosa e vi assicuro che è un’esperienza -per ora- magnifica assai. Bei docenti, bella e di alto livello la classe che si è formata, personalmente sto imparando o rimettendo in ordine un sacco di cose. Sempre più convinto di avere fatto bene a rischiare (già, perché se non andava bene ci rimettevo io personalmente, e non solo con la reputazione…); e sempre più convinto che la conoscenza in questo campo sia assolutamente indispensabile, altro che chiacchiere sull’autosufficienza della politica. E’ venuto a inaugurare il tutto Giuliano Pisapia. Grandi incoraggiamenti, e questo va a suo onore. Altri sindaci ci avrebbero chiesto con qualche fastidio “Ma di che state a parlare?”. Ha anche detto ai giornalisti che mi ritiene fondamentale per la commissione antimafia. E a qualcuno gli avrà preso un coccolone…
Commissione antimafia, dunque. Avete letto i post precedenti? Avete avuto modo di pensare una volta di più che avesse ragione Giovanni Falcone a dire “certe volte questi mafiosi mi sembrano gli unici essere razionali in un mondo popolato da folli”?
Ecco, vediamo allora un po’ alla volta le obiezioni che vengono mosse al modello Smuraglia. Obiezione numero 1: lo Statuto non lo consente (prima versione). Il Regolamento non lo consente (seconda versione). Lo Statuto, giusto per chiarire, lo consente senz’altro. L’articolo che prevede le commissioni o i comitati di inchiesta e indagine, gli osservatori e i gruppi di studio, nulla dice circa la loro formazione e composizione. Il Consiglio comunale dunque è assolutamente sovrano. Il fatto però che si sia subito invocato lo Statuto vuol dire (ditemi se è logicamente sbagliato): a) o che non si conosce lo Statuto e questo è grave, soprattutto se lo si invoca; b) o che si cerca un alibi insuperabile per non doversi prendere la pubblica responsabilità di respingere la via più sensata. E questo non è bello… Semmai si può parlare del Regolamento. Che prevede che le commissioni e i comitati di inchiesta si attengano nella loro composizione ai criteri delle altre commissioni consiliari. Il che è logico qualora si pensi a commissioni tradizionali. Ovvio che se l’amministrazione indaga sull’Atm (ossia su se stessa) debba rispettare gli stessi principi di rappresentanza (maggioranza e opposizione, grandi e piccoli). Ma un comitato antimafia ha una sua evidente specialità, come capì nel ‘91 la stessa maggioranza del consiglio comunale. In ogni caso: lo Statuto è la Costituzione del Comune, e dunque ne è problematico ogni cambiamento. Ma i regolamenti si possono cambiare quando si vuole. D’altronde li si è già modificati per i consigli di zona. Perché qui non si può? Il fatto è che i “regolamenti” sono stati un’autentica maledizione nella storia della lotta al terrorismo e alla mafia. Si è morti, di regolamenti: per tabù che impedivano tutto ciò che era richiesto dagli avvenimenti e dal buon senso, si trattasse di prefetti o di magistrati. Poi, sempre e solo poi, ciò che era stato dichiarato impossibile diventava possibile….I regolamenti…
Obiezione numero 2. Non importa se la quasi totalità dei consiglieri non sa nulla di mafia. La politica deve prendersi le sue responsabilità, non possiamo incoraggiare l’”antipolitica”. Se mi è consentito, qui c’è davvero del trombonesco. Mentre la Lombardia viene colonizzata dalla ‘ndrangheta -così dice la procura nazionale antimafia- la politica ha una sola responsabilità: dare a Milano la migliore commissione possibile. Non ne vedo altre. Se non lo farà, sarà lei a nutrire l’antipolitica; a dimostrare di non essere all’altezza dei problemi, e di non sapere pensare all’interesse generale nemmeno davanti ai problemi più drammatici. (continua…)
Nando
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