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Commissione antimafia a Milano/4 e basta. Patonze e declini
Ah, che intercettazioni. Spettacolo inimmaginabile, nonostante tutto. Ha ragione Francesco Merlo: la “patonza” resterà un riferimento linguistico-concettuale per raccontare la seconda repubblica e non soltanto il suo declino. La mia idea però è che di questa “cultura” non ci libereremo tanto presto. Resterà tra noi, almeno nelle sue forme meno ossessive e allampanate. Un po’ come i rifiuti tossici nelle falde campane, un po’ come l’uranio nel mar Tirreno. Sarà questa la maledizione postuma di B.
Che io manderò in scena a Milano domani sera al teatro Litta in “Pensieri di presidente”. Un’ora di imitazione di B. in un’intervista a Willy Bianchi; ma solo per una volta, e perché me l’ha chiesto Annalori Ambrosoli, impegnata a raccogliere fondi di beneficenza per il teatro, alle prese con il suo restauro e con i tagli di Stato. Devo ammettere che il materiale di attualità è semplicemente straripante e dovrò stare molto attento a non cadere nella volgarità, cosa difficile assai visti il soggetto e la materia. Però penso che mi divertirò e un po’, francamente, ne avevo bisogno. Finite le fatiche della Summer School sull’impresa mafiosa, che è stata un’esperienza bellissima, un clima partecipe, da comunità scientifico-civile di gran livello. Davvero non avrei potuto chiedere di meglio quando ci siamo messi con Ombretta Ingrascì a progettarla. Ho imparato tanto, tanto ho potuto pensare, tanto penso che abbiano imparato gli iscritti. Signori, le competenze si costruiscono e si accumulano con fatica: lavoro sul campo, impegno civile, libri, seminari, ascolto, studio. E questo mi porta a spiegare perché, al di là dei problemi di tempo, non ho continuato con i post sulla commissione antimafia milanese. Era, una volta dette le cose principali, un po’ umiliante. Un giorno magari pubblicherò qualche sublime castroneria sparata da esimi esponenti della politica milanese e anche di qualche associazione milanese. Rivedere tutto a distanza di tempo non fa mai male. E dipinge bene le antropologie. Ma a colpire, a mortificare la stessa idea di politica, è il disprezzo che alcuni ciarlatani hanno dimostrato verso il sapere. E in particolare verso l’esperienza e la competenza. In fondo il secondo disastro di Milano (il primo è B.+Lega, ovviamente) restano loro, esattamente uguali a prima nonostante la vittoria di Pisapia e di Boeri: nemmeno si rendono conto di che cosa sia la mafia e se glielo dici si infuriano e ti accusano di tutto. Di dargli dei corrotti, dei mafiosi; ti dicono che pensi di essere l’unico al mondo a sapere e capire di mafia. Già, sono gli “eletti” o i dirigenti dei partiti a sapere, per scienza infusa. Questo è lo stato della patria. E questo sarà drammaticamente il punto di partenza per chi, come noi, dovrà e vorrà difenderla dai clan che colonizzano la Lombardia. Oggi inizio il corso di Sociologia dell’organizzazione. Auguri a me e ai miei nuovi allievi.
Nando
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