Questione di fisico. Questione di arbitro. Questione di grullaggine

Un avviso agli indignati (a proposito, mi dicono i madrelingua che in spagnolo la “g” di indignados è dura, tipo “enigma”): sabato a Milano all’Arco della Pace  non ci sarò. Ho dato l’adesione a Libertà & Giustizia perché mi è stata gentilmente richiesta, ma sarò impegnato da venerdì sera a Torino per il grande appuntamento nazionale di Libera sulle mafie al nord. Posti e iscrizioni esauriti, buon segno. Terrò relazione introduttiva al mattino e alla fine -così ho deciso- citerò tutti i tesisti che mi hanno fornito degli spunti. Bello sentirsi dentro un movimento collettivo, anche di idee. Specie se disinteressato. Già, da tempo vado ragionando sull’azione politica, sull’agire pubblico e il disinteresse. A partire da quello economico. In effetti quando diciamo (l’hanno ridetto in tanti a Chianciano alla due giorni della Bindi) che abbiamo un ceto politico sovrabbondante, pensiamo esattamente che c’è troppa gente che di politica intende vivere come professione, dal parlamento alle municipalizzate. E che soffoca spazi ai giovani, tra i quali ce ne sono però altrettanti che vorrebbero vivere di politica (quelli senza lavoro e che raccontano nei curricula di essere “consulenti”). O ci sbarazziamo di questo eccesso di “domanda” o non riusciremo mai a dare al paese una politica decente.

Intanto però dobbiamo dargli anche dei fisici decenti, intesi come scienziati. Proprio a Chianciano mi è capitato di incontrare un fisico che conoscevo da quando ero sottosegretario all’Università e Ricerca. Eravamo in buoni rapporti, lui veniva spesso da me su appuntamento perché ambiva (penso con ragione) a qualche presidenza o posto di riguardo in enti di ricerca. Ma io non ero competente in materia. Però il rapporto era cordiale. Gente mia, riincontrarlo, essergli a cinquanta centimetri e vedere che fa finta di non conoscerti, impegnato com’era a dialogare con un segretario regionale Pd…Non sapevo se scoppiare a ridergli in faccia e magari umiliarlo davanti a tutti (“ti ricordi quando venivi a chiedere un posto?”) o stare zitto. Poi il mio impulso alla risata ha sempre qualcosa di misericordioso e mi sono trattenuto. Anche perché la biondina mi ha subito ricordato, poche ore dopo, di un altro famoso fisico che, appena ero stato nominato nel governo, aveva preso a chiamarla a casa anche alle sette e mezzo del mattino per incontrarmi: anche lui voleva fare il presidente di qualcosa di molto grosso. E chiamava, e chiamava sempre, da amicone. Un giorno smise. Era caduto Prodi. Ma che oltre ai politici ci sia qualche altra categoria da rincivilire (splendido verbo manzoniano)?  

E ora veniamo alle cose più importanti. Inter-Napoli. Di arbitri come Rocchi ne ho visti in vita mia, guardando una partita, tre: Aston, Italia-Cile 1962; quello di Juve-Inter del ’98 (Iuliano su Ronaldo), di cui non ricordo il nome;  Moreno, Corea-Italia 2002. Di tutti e tre ho pensato la stessa cosa, a tutti e tre ho urlato “B…”, anche se forse nel ’62 ero troppo piccolo, si era più castigati. Di tutti e tre abbiamo saputo anni dopo che erano venduti. Quel rigore inventato e tutto il resto indecente dei minuti dopo non sono stati normali errori di valutazione. Napoli vincitore con merito ma Rocchi è da cacciare da tutti gli stadi in eterno. Il fuorigioco millimetrico di Pazzini è stato visto (dunque sono tecnicamente capaci), il fallo di Obi fuori area di un metro e mezzo no. Rigore. Chiedo scusa a quella coppia di lui e lei napoletani che a Chianciano hanno abbandonato la televisione temendo che la mia ira degenerasse (mai con il Napoli!), ma se incontro Rocchi sulla Milano-Firenze giuro che do il meglio di me, pirotecnicamente parlando. Ho visto che una volta, in treno, dei tifosi l’hanno costretto a riparare in bagno. Be’, li capisco. Quanto al figlio di Riina, a parte l’associazione per delinquere di stampo mafioso, ho letto che era pure tra quelli che a Corleone avevano spaccato la targa di Falcone e Borsellino. Lo ricordo giusto per essere tutti un po’ meno gonzi nel dare i giudizi…Quanto al “ragazzo”, poi, è più anziano di quanto lo fossi io quando uccisero mio padre. Solo che allora nessuno mi chiamava “ragazzo”…

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