Alice e Agnese, la disciplina del ghiaccio

Il Fatto Quotidiano
16.10.11

Mistero metropolitano. Chissà che cosa spinge due ragazze di venti e diciotto anni a  una vita tanto ascetica. Nella Milano che offre sballi e consumi ogni sera, dove la voglia di divertirsi domina l’anima di più generazioni, Alice e Agnese giocano la partita della loro gioventù da un’altra parte. La prima studia giurisprudenza, un libretto di tutto rispetto. La seconda fa il liceo classico al Berchet. Ma non sono gli studi a renderle speciali. E’ il ghiaccio, il pattinaggio artistico, lo sport al quale hanno dedicato dall’infanzia sogni e progetti  di vita. Che volete, ci sono stati i fratelli D’Inzeo, i fratelli Baresi, ora i fratelli Cannavaro. Ma ci sono anche le sorelle Garlisi. Del tutto sconosciute, certo; il massimo sono state tre righe del “Corriere” per Alice. Eppure tutte e due vengono mandate in giro per il mondo a rappresentare l’Italia. Sia nella categoria junior, sia nella categoria senior, nella quale Alice si è classificata terza nei campionati nazionali, dietro la mitica Carolina Kostner e Valentina Marchei, e poi decima alle universiadi in Turchia. Livelli di vertice in Italia, insomma, e ottime figure sul piano mondiale, considerato che la concorrenza internazionale è davvero agguerrita, in particolare quella che arriva dai paesi dell’est europeo. Ma non è solo o tanto il valore agonistico delle ragazze a catturare l’attenzione di chi si diverta a scoprire storie di vita quotidiana da raccontare. E’ la passione infinita, misteriosa appunto, per uno sport che non distribuisce gloria o passaggi televisivi. Che, a causa dell’assenza di strutture pubbliche, impone costi da sostenere, con i rimborsi spese che arrivano solo quando vai per il mondo a rappresentare il tuo paese. Sapendo che c’è un’età, venticinque-ventisei anni, non si scappa, in cui dovrai smettere e le privazioni a cui ti sei sottoposta potranno perdere fulmineamente ogni significato.


“Ho incominciato per caso”, racconta Alice, “provando la prima volta sulla piccola pista di ghiaccio che il Comune allestiva in piazza Duomo sotto Natale. Avevo cinque anni. Mi è piaciuto subito e ho iniziato ad andare al palazzo del ghiaccio, allora era in via Piranesi. Agnese mi è venuta dietro a ruota. E’ stato tutto automatico. La società sportiva, la Forum, e poi le gare, a livello sempre più impegnativo. Prima le trasferte in Val d’Aosta, in Trentino, in Austria o in Slovenia, poi i voli intercontinentali, Stati Uniti o Corea.” Già, i viaggi. Perché dietro questa storia di successi c’è anche un padre che deve sbattersi ogni santo week end per accompagnare in auto le figliole per centinaia di chilometri e al quale non sembra vero quando deve accompagnarle solo a Malpensa. Che va a prenderle a scuola per portarle subito agli allenamenti ad Assago. “Sì, in effetti ci sono volte che papà viene a prenderci e ci porta la ‘schiscetta’ preparata da mamma al mattino. Noi mangiamo in auto mentre siamo in viaggio. La giornata è così. Sveglia all’alba, un po’ di studio, la scuola o l’università, il pranzo spesso in auto, poi quattro ore di allenamento al giorno, per almeno cinque giorni alla settimana. Si torna a casa e si studia. Ogni tanto, ma davvero ogni tanto, c’è la discoteca”. E d’estate? “D’estate”, ride Agnese, “facciamo due mesi di stage sul ghiaccio, uno in Francia e uno negli Stati Uniti, ci resta giusto una settimana all’anno senza gli allenamenti, a volte si pattina anche il 26 dicembre”.

Chissà se c’è qualche disciplina che richiede altrettante rinunce. Può darsi di sì. Certo colpisce vedere queste due sorelle in jeans, rigorosamente no logo, vivere la loro passione sportiva con una dedizione da missionarie della quale alla fine non le ringrazierà quasi nessuno. Costrette a non sbagliare nulla da uno sport individuale che esclude all’origine ogni forma di cialtronaggine, che impone rigori millimetrici. Pronte a lodare le concorrenti che passano davanti a loro di una posizione (“in effetti quella volta è stata proprio brava”). Protagoniste di uno sport che nessuno segue e di cui si conoscono quindi solo le star. Sembra di toccare un mondo sconosciuto. Scontato e perfino ammuffito il paragone con veline e calciatori, intriga però il paragone con i coetanei milanesi che mai si assoggetterebbero a torchiature e privazioni simili. Certo, Alice e Agnese sono poco ridanciane, vedi subito che la disciplina è la loro seconda pelle. Eppure in questa storia c’è qualcosa di eccezionale. C’è quel sacro fuoco che alle Olimpiadi ogni tanto ci regala d’improvviso vittorie insperate in sport mai frequentati. Ecco, quelle medaglie non cadono dal cielo. Nascono così. A nostra insaputa.

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