O la borsa o Lavitola

 

Ebbene sì, inorridisco vedendo Gheddafi nella forma di un
morto deturpato esibito gioiosamente. So bene (si fa per dire…) quanti morti
avrà fatto deturpare lui, ma resto sgomento ugualmente. L’altra notte però ho
provato sgomento -più leggero, senza orrore-  vedendo due filmati su tutt’altra materia che
mi sono stati sapientemente ammanniti dalla biondina. Erano entrambi su
Lavitola. Uno è quello della sua telefonata alla segretaria di Schifani, l’altro
è quello della sua telefonata con il questore della Camera Francesco Colucci. E’
sconvolgente vedere e sentire, sempre di più, in che mani siamo. Sentire l’arroganza
con cui questo perfetto sconosciuto chiama le istituzioni più alte, il suo tono
ultimativo, mai sommesso, mai consapevole del rango formale dell’interlocutore.
“E’ urgentissimo”, “è urgentissimo”. “Anche da parte del presidente”. Deve
raggiungere sul cellulare il presidente del Senato appena atterra l’aereo, non
un minuto dopo. Pensate a tutti i sindaci, i rettori, i presidenti di associazioni,
i semplici parlamentari, che fanno la fila per settimane e mesi. E Lavitola
quasi ordina, accolto con affabile deferenza. E’ sconvolgente pure sentire la
volgarità infinita (bestemmia oscurata, linguaggio da trivio, stile da taverna)
del questore, una di quelle cariche che in parlamento compiono le scelte di
gestione interna: come garantire la massima funzionalità logistica dei lavori,
i palazzi da affittare, i servizi da offrire, il decoro interno ed esterno dei
luoghi. Nulla di strano in questo contesto che a Colucci,  solo per far dispetto a qualcuno, sia venuto
in mente di far venire in mente a Lavitola di diventare commissario  dell’Abruzzo terremotato. Quel che si capisce
è che quando c’è di mezzo la borsa, arriva Lavitola. Un po’ come se fossero la
stessa cosa.

 

Insomma, siamo governati da persone mai elette da nessuno.
Raffiche di trafficanti, di passanti, di amici, di escort, di consulenti, di
funzionari, di capi di gabinetto: dignità diverse, certo, ma nessuno di loro
eletto per esercitare il potere politico; e  invece lo esercitano eccome, e con quale
baldanza. Dopodiché si ribellano tutti insieme, loro e gli eletti rinscimuniti,
gridando all’antipolitica, se per caso tra le maglie ci passa qualche tecnico
per bene. Tutti contro Monti, Rodotà o quegli opinionisti che cercano
disperatamente di influenzare le decisioni pubbliche, perché “il potere in
democrazia dev’essere dei politici e non dei tecnici”. Dunque lunga vita al
nostro ministro degli esteri Valter Lavitola. E lunga vita al vicecapo del
governo Luigi Bisignani. Che schifo…
   

 

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