Questo sito non utilizza alcun cookie di profilazione. Sono utilizzati cookie di terze parti per il monitoraggio degli accessi e la visualizzazione di video. Per saperne di più e leggere come disabilitarne l'uso, consulta l'informativa estesa sull'uso dei cookie.AccettoLeggi di più
Via Fratelli Picchi. E Matteo Renzi (con mie primizie personali)
Serata di Halloween, festa per bambinelli allo sbando e per popoli
vogliosi di farsi colonizzare. Ne approfitto per tornare su questi schermi fuoriuscendo
dagli ultimi sforzi di limatura del libro prossimo venturo. Del quale vi ho
detto che sarà su Cossiga Francesco, ma di cui non vi ho dato il pregiato titolo.
Ebbene eccolo: “Lo Statista”. Sottotitolo: “Francesco Cossiga. Promemoria su un
presidente eversivo e sul suo democratico pubblico plaudente”. Mi farò
sicuramente nuovi amici, così assicura la biondina. E così prevedo io, visto
che il tema è la schiena piegata di stampa e politica davanti a un signore che (come
dimostrerò) rimestava senza sosta nella storia più tragica del paese. Sono a
San Benedetto del Tronto, ultima di tre sere. Presentata la “Convergenza” a
Ripatransone, splendido paese di quattromila abitanti e cento monumenti o
storici palazzi. Ma soprattutto è stata dedicata una via ai fratelli Picchi,
intesi come Armando, storico capitano della grande Inter degli anni sessanta, e
Leo, più anziano di lui, e capitano del Livorno del dopoguerra, andato al
Torino dopo la strage di Superga. L’idea è stata di un medico di base, Mario Arezzini.
Partì tutto dopo la presentazione, anni fa, di “Capitano, mio Capitano”, il
libro che dedicai al grande Armando nel ’99, sua fotografia in copertina color
seppia. Era venuto alla presentazione anche Leo, uomo colto e gentile, che
sapeva di latino e di pittura, e che ancora sulla soglia degli ottanta andava a
farsi il bagno a mare in autunno inoltrato, o a cimentarsi da ginnasta con gli
amici. E che si commuoveva pensando al fratello più “piccolo” portato via da un
tumore a trentasei anni. Domenica mattina c’erano sua moglie Grazia e sua
figlia Paola, colte e gentili come lui. Ripatransone ha fatto secondo me una
cosa civilissima, perché quel calcio e i suoi eroi sono stati un bel pezzo (e un
pezzo pulito) della nostra storia. Agli atleti si dedica poco, a pensarci. Li
si idolatra, se ne trae felicità e poi ci si vergogna quando bisogna ricordarli,
mica sono uomini politici o letterati. C’erano
una cinquantina di persone, il sindaco, qualche assessore, una vigilessa e la
banda comunale, su un tornante senza
case ma che porta su in paese proseguendo la via dedicata a un altro atleta,
anche se ciclista: Gino Bartali.
Già, i Picchi e Bartali. Tutta umanità toscana. E a
proposito di toscanacci immagino che molti di voi avranno discusso con passione
del raduno fiorentino di Matteo Renzi. Io per parte mia ciò vi dico: che il
Renzi può essere antipatico e risultare un po’ fanfarone, però il problema che
pone è vero. Questo Pd è ancora guidato dagli stessi che guidavano (da quanti anni?)
i partiti che ci sono entrati, spesso senza mai essere stati singolarmente
eletti da nessuno; e che fra l’altro, nella loro stragrande maggioranza, nel Pd
nemmeno ci credevano, questo lo ricordo bene assai perché mi prendevo le reprimende
quando ne parlavo con entusiasmo. Dopodiché non credo che sarà Renzi la
risposta. Renzi sta dentro il disfacimento di un progetto nato vecchio ma che
ha potenzialità formidabili per nascer nuovo (il nome non importa, ma io il
democratico vorrei), a patto che siano a migliaia i giovanotti e le
giovanottine (e le signore e i signori maturi) capaci di un po’ di indipendenza. Altre strade
non ci sono. Sono illusorie e condite di leader illusori, ostaggio della
politica spettacolo. Tutto in sequenza: Lingotto, Vendola, Serracchiani, Renzi.
Auguri ad Antonio Cassano, intanto. Lui leader lo stava diventando.
Nando
Next ArticleIl poliziotto in pensione che guida la lotta ai clan