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Da Bergamo a Partinico. Un manager sui beni confiscati
Il Fatto Quotidiano
27.11.2011
Un manager bergamasco a Partinico? Massì, nell’Italia di
oggi ci può stare. Non c’è più lo scandalo sociale della denutrizione e
dell’analfabetismo che portò a Trappeto Danilo Dolci. Ma c’è la lotta alla
mafia che si fa impresa, con i vini delle terre confiscate che vincono a
raffica i concorsi internazionali. Perciò un Ferruccio Piazzoni che piove dalla
Lombardia (già terra di garibaldini…) calza a pennello. Piazzoni è un
sessantenne cordiale ed entusiasta. Dovendo usare un’etichetta, diremo che è
stato a suo tempo un cattolico del dissenso. E’ andato a Partinico lo scorso
febbraio. Prima preside di scuola media in val Seriana, poi una lunga
esperienza di direzione aziendale. Amministratore delegato della concessionaria
di pubblicità dell’ “Eco di Bergamo”, quindi di una società di informatica,
infine di una impresa di energia rinnovabile in Puglia. E ora la scelta di dedicare
l’età della pensione alla causa dell’antimafia. Così è andato ad aiutare la
cooperativa “Libera-mente”, due rami d’azienda. Uno socio-assistenziale e uno
di produzione agricola, sorto su beni confiscati nel 2007. Obiettivo: portare
un sano vento d’impresa, che già alcuni giovani di talento hanno iniziato a far
soffiare nel mondo di Libera Terra Mediterraneo, a cui Libera-mente aderisce (e
di cui ha una quota). Era la classica “figurina” mancante. Una operatrice
socio-assistenziale, due psicologi, un assistente sociale, un
operaio-contadino. Occorreva il manager. Piazzoni ci è arrivato con una bella
iniezione di liquidità. Il nuovo presidente di Unicredit Foundation, Maurizio
Carrara, ha rovesciato infatti le vecchie strategie: d’ora in poi si appoggiano
i bisogni al nord e i meriti al sud. Si va dove i talenti e i coraggi
meridionali fanno fatica a trovare capitali. Ecco così 420mila euro e un
manager per gestirli. “Certo che mi sento questa responsabilità. Libera Terra
Mediterraneo le sfide le sta già affrontando. Noi, come singola cooperativa,
stiamo cercando di recuperare i tempi. La considero una start-up, come diciamo in gergo. E io faccio il coach, l’allenatore. Ho trovato un
limoneto, che era del clan Vitale, dove non c’è acqua. E poi professionalità da
formare, nessun rudimento tecnico-pragmatico, tanto che abbiamo fatto fare due
corsi intensivi alla Bocconi. Da bergamasco voglio partecipare a questa grande
scommessa collettiva. Dove abito? In una casa d’affitto a Partinico. Pensi che
il mio nome è l’unico sul campanello del portone di casa. Ma non ne parliamo.
L’importante è che i limoni ora li piazziamo bene. Diciotto quintali all’anno
ce li comprano a Bra. E poi Libera Terra fa il limoncello con tutto il resto.
E’ ottimo, sa? Poi ortaggi, meloni, uva. Ho trovato un terreno con capannone e
soprattutto con l’acqua; è la cosa essenziale. Era di un personaggio
eccezionale, si chiama Michele Spatafora ed è un superstite della strage di
Portella delle Ginestre, aveva nove anni allora. E’ stato un esponente della
Confederazione italiana dell’agricoltura e ha collaborato con Pio La Torre.
Abbiamo comprato la sua azienda agricola, a Cannizzaro, vicino Trappeto. L’ho
preso con noi, è diventato “nonno Michele”, e gli ho chiesto di tirar fuori dagli
psicologi dei bravi contadini. Faremo anche agriturismo. Sa, il lavoro in
Sicilia è complesso. Miriadi di capannoni vuoti che costano cifre enormi. Poi i
professionisti locali che hanno sempre da ridire. Ma non mi tiro indietro, l’ultima
parte della mia vita la voglio dedicare ai siciliani. Sono colpito dalla
capacità enorme dei giovani e delle donne di soffrire e lavorare novanta ore a
settimana per prendere millecinquecento euro in nero, da questo bisogno di
società che esprimono. In più il tribunale di Agrigento mi ha nominato
amministratore unico di un oleificio di Partanna…”.
Parole di un bergamasco benvoluto dai giovani di Libera e che si è tuffato in questo moto di redenzione sociale rappresentato dalle imprese sui beni confiscati. Il punto più alto, forse, del nuovo made in Italy. Frutto di una legislazione antimafia iniziata, decenni fa, con i provvedimenti per le famiglie delle vittime. Per questo fa scandalo oggi il taglio selvaggio -economicamente e moralmente- dei fondi destinati ai familiari. A chi ha subito la violenza mafiosa. Da qui l’appello lanciato di recente (tra i firmatari don Luigi Ciotti e Gian Carlo Caselli) per cancellare la vergogna. E per rilanciare ciò che ci rende onore: la lotta alla mafia, l’Italia dei meriti, l’Italia che si riunisce ancora da Bergamo a Partinico.
Nando
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