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Giovani coppie da libreria. E il derby Bocca-Montanelli
“L’età media per il matrimonio è di 22 anni per gli uomini,
20 per le donne”. Il dato statistico riguarda la classe media di New Haven,
porto e città industriale del Connecticut, sede dell’università di Yale. Lo si
trova in un bel libro di August Hollingshead e Fredrick Redlich, Classi sociali e malattie mentali,
Einaudi. L’anno di edizione? Il 1958 negli Stati Uniti. La mia edizione è la terza italiana ed è del
1965. Un bel volume: 430 pagine, 5.500 lire. Prima riflessione che ho fatto:
questi sono i veri regali del Natale. Che ti puoi permettere il lusso, mentre
attendi a mille cose e mentre scrivi un libro-ricerca su tutt’altro, di frugare
in libreria e di riscoprire cose antiche. Di leggerle con la cultura e l’esperienza
di oggi. Di sapere che se la lunga introduzione a questa formidabile ricerca di
sociopsichiatria l’ha scritta Giovanni Jervis, hai un classico tra le mani.
Tutto ha un sapore magico. La consistenza fisica del libro e la sua copertina.
Le scoperte scientifiche e il modo in cui sono raccontate. Il ricordo della
prima, ingenua e inconsapevole, lettura. La misura del tempo passato. La
seconda riflessione è stata di tutt’altro genere: quando negli anni settanta leggevo
della giovanissima età a cui ci si sposava nel cuore della società americana,
pensavo, pensavamo, che questo era il progresso. Uomini e donne praticamente
coetanei che raggiungono presto la loro autonomia e si fanno la loro famiglia.
Era questa la vitalità della società yankee. Oggi, mezzo secolo dopo, la realtà
da noi è rovesciata. I ricchi (intesi come paesi) si sposano alle calende
greche. I progetti della gioventù sono ben altri. Non so se migliori o
peggiori. Ben altri, semplicemente. Sposare una ventenne non è come sposare una
donna matura. E’ cambiato lo stesso concetto di amore, anche il linguaggio dell’amore;
e come sarebbe possibile altrimenti?
Altri regali del Natale. La possibilità di vedere per purissimo caso a mezzanotte
su Rai3 un confronto tra Bocca e Montanelli del 1978. Bocca, che pur ebbe le debolezze
ricordate da Pasquale in un commento al post precedente, batte senz’altro
Montanelli, almeno per chi abbia vissuto un po’ la storia di quegli anni. Altra
sincerità, altra nozione di indipendenza. E il rifiuto della polemica
gratuitamente cattiva. Ma quel che colpisce è il tono educato e rispettoso del
confronto, la voce moderata degli altri ospiti che intervengono e che certo non
fanno complimenti nella sostanza delle cose (oddio, che sicumera nei
rappresentanti dei movimenti; se l’ho avuta anch’io così, chiedo scusa a tutti…).
Nessuno urla, nessuno insulta, nessuno turpiloquia. E dunque si può ascoltare
il confronto perché si capisce tutto, anche nelle sfumature. Ma dico io: c’è
bisogno che muoia Bocca per rivedere certi pezzi di storia e società e cultura?
Ma perché la Rai, invece di ammannirci certe idiozie strapagate, non ci dà
gratis (per lei) l’immensa ricchezza del suo archivio? Leggo che la Rai
medesima, entrando in austerità, taglierà le riprese negli esterni. Be’, lo
trovo pazzesco. Questo vuol dire che la televisione, nata -come dice la parola
stessa- per fare vedere, ci confezionerà le ansa con i faccioni dei politici
dietro? Perché non tagliano le spese di spettacoli demenziali? Perché non
eliminano un po’ di vicedirezioni? Perché, insomma, ogni volta che si deve
tagliare, si taglia sul meglio? A voi l’arguto indovinello.
Nando
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