Pubbliche e private inquietudini domenicali

 

Ohi quante inquietudini. Tornato dalla mia mitica relazione  al convegno organizzato a Palermo dal
Consiglio Pontificio della Cultura (“Giustizia terrena e giustizia divina”; ma
sì! riletti dopo decenni i Vangeli…), ho lasciato le beatitudini e mi sono dato,
appunto, alle inquietudini. La prima riguarda i volantini bierre comprati all’asta
da Dell’Utri. Nessun moralismo, ma è vero che quella storia ha ancora in giro strascichi
umani mica da poco. E soprattutto c’è qualcosa di psicanaliticamente sottile in
questo volere i comunicati di morte, come l’incontrarsi di due antistati… Forse
sbaglio, ma mi inquieta. Mi inquieta anche il licenziamento di Fede. Che mi ha
fatto godere, sia chiaro, anche perché può servire da monito per stuoli di
maggiordomi. Ma c’entrerà qualcosa la valigetta con i due milioni e mezzo di
euro in contanti rifiutata dalla banca di Lugano? Che vorrà dire? Mi inquieta
sapere che venti milioni di contribuenti italiani dichiarano al massimo
quindicimila euro di reddito. Poveri? Siamo così poveri? Il nostro paese che
batte ogni record per telefonini, vacanze e che ha dato dimensioni di massa ai
consumi di lusso (guardate i capi firmati per i bambini al sud, per favore), è davvero
ridotto così? Quanto è grande o immensa l’evasione fiscale, quanto è grande e
dura la fatica di arrivare alla fine del mese? Non poterlo sapere con esattezza
mi turba. Come sociologo, come cittadino. Mi inquieta anche verificare che il
giornalismo vorrebbe sempre più diventare il nostro mondo (anziché il suo
racconto). Ieri sera ho visto presentare in tivù un bel libro di Monica
Zapelli, già sceneggiatrice bravissima de “I cento passi” (e, vanto personale,
già mia assistente parlamentare). Il libro si intitola “Un uomo onesto”, ed è
la storia di Ambrogio Mauri, imprenditore creativo e onesto che il rifiuto di
pagare tangenti portò al suicidio nella civile Lombardia. Bene. Io volevo
sentire l’autrice e il percorso che ha fatto per scrivere il libro, e sapere
tutto di questa specie di eroe infelice dei nostri tempi. Invece c’era uno
schieramento di giornalisti a raccontarci di Tengentopoli, anche loro divisi scrupolosamente
in destra e sinistra. Ma per favore, i giornalisti possono cedere il passo a
qualcun altro, ogni tanto, invece che continuare a invitarsi tra di loro? Lo so
che così si trasformano reciprocamente in opinion leader e poi in “scrittori”.
Ammetto che sia stupendo. Ma è pure inquietante.
Mi inquieta infine non ritrovare il mio glicine, il mio bellissimo glicine
sotto la finestra di Dora. Fioriva, dava colore, segnava la stagione, mi
rallegrava, trasformava in scoppi di cuore i caffè presi di prima mattina sul
balcone. Mi ridava giovinezza, nonostante il passare degli anni. Basta, finito.
Un palazzo costruito accanto. Un mostro con i prati verdi sotto. Che hanno
preteso il sacrificio di quella piccola siepe indaco. Per fortuna inizia
aprile. Primavera galoppante. In cui faremo tante cose, prima fra tutte il
lancio del nuovo blog, che mi sta curando l’esperto e creativo Roberto, una
delle colonne di Stampo Antimafioso. Un marchio, una garanzia.

 

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