Novità spiritose (Caselli-notav), novità meno spiritose (processo Lea Garofalo)

 

Se fossi certo di trovare dall’altra parte gente spiritosa e
capace di riderci su, manderei una lettera aperta a certi esponenti “no-tav”.
Ringraziandoli per il fatto che il libro di Caselli è entrato in classifica
(decimo per la Stampa, dodicesimo per il Corriere). A chi voglia capire l’eccezionalità
dell’evento suggerisco in proposito una nota proprio del “Corriere” di ieri:
sui cento libri più venduti, novanta sono di tre-quattro grandi gruppi in grado
di farsi pubblicità e di far fare marchette alle trasmissioni televisive o alle
testate più varie. Dieci vanno a tutto il resto. Melampo ci era già stata con “La
fantastica storia di Silvio Berlusconi” (di me medesimo) e con “Le due guerre”
(di Caselli medesimo). Come qualcuno ricorderà, il “manifesto” ci aveva
accusato di avere organizzato noi, con la questione no-tav, una promozione all’americana
del libro. Direi di no, che ne avremmo fatto volentieri a meno, però bisogna
dire che la cosa ha funzionato. Boicotti Caselli e lo spedisci in classifica.
Temo che stesso effetto contrario si produrrà verso le ragioni del movimento:
più lo tiri su (in quel modo), più lo mandi giù.
Scommetto comunque che andrà in classifica anche il bellissimo libro in uscita
di Attilio Bolzoni, “Uomini soli”. E’ stato pensato per i quattro anniversari:
i trent’anni di Pio La Torre e Carlo Alberto dalla Chiesa, i vent’anni di
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Bolzoni, in assoluto uno dei più grandi
giornalisti di mafia, racconta i quattro protagonisti intrecciandoli, così come
li ha conosciuti lui a Palermo. Asciutto, emozionante, amaro, riconoscente,
sferzante verso il paese e le sue istituzioni. Sarà dal 13 in libreria, con una
stupenda foto di Letizia Battaglia in copertina.
Meno spiritosa è la situazione che si è verificata in aula al palazzo di
giustizia di Milano prima e dopo la lettura della sentenza Lea Garofalo. Un
braccio proteso fuori dalla gabbia dove sono i Cosco (gli imputati) indica me e
Giulio Cavalli, seduti di lato, alla parete opposta, con accanto la scorta di
Giulio. Giulio si volta e chiede a gesti “a me?”. Io tengo lo sguardo diritto
verso gli scranni della Corte. Gli fanno cenno di sì. Gli sconsiglio di andare
a parlare. Poi un mormorio indistinto sale di tono. Chiesa-dalla Chiesa-l’associazione
Libera- vedrai che ci scrive- poi lui ci fa un libro- fino all’urlo “cornuto”
(ma non “infame”) rivolto comunque verso uno di noi due e subito sopito dai
loro avvocati. Nulla di pericoloso, ma nemmeno qualcosa di spiritoso. Così come
non è stato spiritoso che qualche donna del clan, in lacrime dopo la sentenza
di ergastolo, abbia apostrofato un paio delle ragazze che hanno seguito le
udienze per sostenere moralmente Denise (la figlia di Lea Garofalo), chiedendo
loro: “e adesso siete contente?”. Di nuovo nulla di pericoloso, ci mancherebbe,
non si rischia certo ad andare a dare testimonianza civile in un processo. Però
in tutti e due i casi si è avuto un segno importante: di avere fatto una cosa non
prevista dagli interessati, stupiti che un pezzo di città possa ribellarsi all’idea
di una donna sconosciuta sciolta nell’acido. Stasera, rispettando l’accordo con
il Fatto, metterò qui accanto l’articolo scritto sulle meravigliose ragazze che
(con qualche coetaneo, Giulio di Libera in primis) hanno seguito il processo.

 

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