Questa è davvero la Casa del popolo

 

Il Fatto Quotidiano, 15.4.2012

In principio fu l’ordinanza. Vietato fare la questua ai
semafori e nelle piazze cittadine. Vietato chiedere l’elemosina anche sul
sagrato della chiesa. Firmato: il sindaco, partito Lega Nord. Qui Arona,
incantevole cittadina del Lago Maggiore, provincia di Novara. Anche sul
sagrato?, si chiesero increduli in molti. Ma con quale diritto si calpestava
anche la più secolare scena di vita domenicale, il povero che chiede
l’elemosina davanti alla chiesa? Era il novembre del 2010. Nacque così una
delle più originali risposte date in Italia all’idea, tanto trendy al nord, di fare scomparire
povertà e bisogni con un colpo di scopa. Non proteste, non lamentazioni, che
pure ci sono state. Ma un’impresa sociale, per esprimere con la forza delle
cose un’altra idea dei rapporti tra una comunità e le sue componenti più bisognose.
All’inizio si ritrovarono Caritas, Libera ed Emergency. Poi si formò un trenino
di associazioni di buona volontà. Avis, Arci, Azione Cattolica e un bel po’ di
esperienze locali: dagli “Amici del Lago”, nati per ripulire le spiagge e ora
impegnati anche nel reinserimento degli ex carcerati, a “Vedogiovane”, grande
cooperativa sociale di animazione con un centinaio di dipendenti. Quattordici
associazioni in tutto. Ne scaturì il progetto “Nondisolopane”. Obiettivo: dar
da mangiare ai bisognosi, a quelli che non potevano più fare la questua ma
anche a quelli che non avevano mai trovato il coraggio di farlo. Lo decisero
l’estate scorsa, pensando che non dovevano lasciar passare un altro inverno,
visto che nel frattempo c’era pure stata la cacciata dei rom da una struttura
che li rifugiava dal freddo. Per riuscirci misero in piedi un congegno sociale
complicatissimo, a scatole cinesi, degno di un Enrico  Cuccia del volontariato. Il “trenino” pensò
prima di rivolgersi all’oratorio, poi scelse la vecchia Casa del popolo del Pci,
direttamente aperta con scala sulla pubblica via. Custode di gloriose bandiere
socialiste del dopoguerra, la Casa è attualmente in gestione all’Arci, ed è
diventato un locale alla moda, chiamato MeltinPOP, ritrovo per musica e cultura.
Ma anche bar con avventori paganti, così da evitare che chi ci entra venga
etichettato come povero. Al MeltinPOP la guida del progetto è stata presa da “Vedogiovane”.
E’  la stessa cooperativa che cura anche,
ai piani di sotto, una vera “community
creativa”: un incubatore di impresa giovanile, laboratori vari di arte e
artigianato e una pista di allenamento per lo skateboard; attrezzature, servizi
–da uno studio digitale a una sala prove- e consigli per dar vita a
micro-organizzazioni giovanili di ogni tipo.
E l’obiettivo di dare un pasto ai bisognosi? Marco Traviglia, trentenne con
barba e capelli riccioluti, presidente di “MeltinPOP”, assicura che è stato
raggiunto, conducendo con orgoglio in visita per i vani rudimentali e colorati in
cui si raccolgono le opere che vengono esposte (un artista al mese) al piano
bar. Roberta Tredici, trentenne anche lei, mamma ingegnere e impegnata in
Libera, racconta che dopo una sperimentazione su tre giorni settimanali, ormai
si gira a pieno regime. Pranzo aperto nei cinque giorni lavorativi. Una
sessantina gli ospiti che arrivano. Metà immigrati, età media sui 35-40, e metà
anziani del luogo, che mai sarebbero scesi in strada a tendere la mano. Il
sindaco alla fine si è convinto pure lui e ha dato perfino il patrocinio.
 

Quanto al rischio di imbucati, pare non esista. La gente si conosce e c’è un efficiente filtro della Caritas. Niente abusivi, dunque, e anzi tavolo vicino a tavolo arrivano anche gli impiegati degli uffici che pagano regolarmente. “Si è formato uno spirito di comunità”, racconta Roberta. “L’altra volta hanno rubato la bicicletta a un ragazzo marocchino e si è fatta una colletta per comprargliela”. Del cuoco Gianluca, poco più che ventenne e con una buona esperienza all’estero, si decantano le qualità gastronomiche e sociali. A lui si aggiungono giovani mandati a turno in stage dell’Enaip e tra un po’arriveranno a dar man forte anche i condannati ai lavori socialmente utili. Grazie al Centro servizi per il volontariato, giungerà un finanziamento della Fondazione Cariplo, anche se finora è stato fatto (faticosamente) tutto con mezzi propri. “Ci sosteniamo con iniziative speciali, cene o pranzi mensili in occasione di qualche incontro con personalità varie”. Li aiuta in questi incontri uno storico avvocato milanese delle cause improbe, Luigi Mariani. Bisogna vederlo, il MeltinPOP, con le sue due sale per incontri e concerti. Una più piccola è affrescata con immagini di musica “fredda” (elettronica tra palazzoni) e musica “calda” (brasiliana, ma in verità richiama New Orleans). Una più grande, subito dietro, sembra una bella sala da jazz o da monologo teatrale. Chi pensa che le case del popolo possano servire solo a rimescolar memorie e mazzi di carte (o bicchieri di vino) si ricreda. Possono servire anche ad altro. Magari proprio grazie a un’ordinanza.

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