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Erri De Luca e gli anni di piombo. E il conto dell’idraulico (ovvero Antonio Iosa)
Il Fatto Quotidiano, 22.4.2012
"Davvero Erri De Luca ha detto cosi´?
Gli anni di piombo un’invenzione? Certo, perché non le ha prese lui le
pallottole". Antonio Iosa è nel suo lettino all´ospedale di Niguarda, a
Milano. Non può alzarsi, immobilizzato com’è tra flebo e cannucce. "Mi sento
un prigioniero politico", scherza amaro. Ernia, una nuova operazione
d´ernia. Ha settantanove anni, Iosa, e ne aveva quarantasette quando i
brigatisti della colonna Walter Alasia fecero irruzione nella sezione della Dc
di Quarto Oggiaro. Era il 1′ aprile del 1980. I capelli bianchi, radi tra le
basette ancora folte, segnano il tempo passato. Il viso segna altro. Racconta
il calvario che lo aspettava dopo quel giorno. Misero al muro lui e altri tre
militanti democristiani, poi mirarono alle gambe. Così andavano colpiti, gli
urlarono in faccia, "i servi di Cossiga". In realtà l’immigrato
pugliese tutto era fuorché uomo della repressione. I terroristi erano
bravissimi, per giustificare i delitti, a diffamare le loro vittime. Iosa era
stato il fondatore del circolo "Perini", una delle più importanti
realtà associative milanesi di periferia. Integrazione sociale, cultura, lotta
alla marginalità, pace, dialogo. Luogo di incontro di amministratori e di
contestatori. Molti i pugliesi e i siciliani che grazie al circolo, giunto oggi
al suo cinquantesimo anniversario, riempirono di senso la loro nuova
cittadinanza. Molti i giovani che poterono sentire dal vivo intellettuali,
sindacalisti, sindaci, magistrati o cardinali e preti di frontiera. Da allora
Iosa non ha mai smesso la sua lotta in difesa delle vittime del terrorismo,
della memoria di chi non c´é piu´, dei diritti dei familiari o dei
sopravvissuti. Convegni, pubblicazioni, mostre, dibattiti, lettere ai giornali.
Sempre pronto a dare una mano anche alle vittime delle stragi nere o di Stato e
a quelle della mafia. Disposto a riconoscere agli ex terroristi il diritto al
reinserimento, ma intransigente verso ogni rimozione; o verso ogni
giustificazione o apologia mascherata della lotta armata. Tanto che proprio lui,
il "servo di Cossiga", guidò agli inizi degli anni novanta la
protesta di familiari e vittime contro il "Picconatore", accusato di
essere più sensibile alle ragioni dei terroristi delle varie sigle che non a
quelle di chi ne aveva subito la violenza. Gli diede del "servo di Curcio"
per quella familiarità compiaciuta verso i militanti del terrore, che lo aveva
portato a fare anche da testimone di nozze a uno di loro.
Per questo sgrana gli occhi incredulo quando gli raccontano dell´ intervista di
Erri De Luca di due settimane fa a "8 e mezzo": "Gli anni di
piombo? Saranno stati di piombo per gli idraulici, perché ancora non ‘era il
Pvc", ha chiosato beffardo lo scrittore, quasi a confermare la legge
sciagurata che vuole i grandi intellettuali italiani particolarmente inclini a
dir castronerie quando siano in ballo i drammi del paese. Non ne ha parlato
nessuno, di quel passaggio cinico, perché anche il paese dorme più che mai il
sonno della ragione. "Si vergogni", riesce a dire Iosa a stento. Per poi
distillare poche parole in più : "Certo, perché a lui non hanno sparato, e
nemmeno hanno ammazzato suo fratello o suo figlio o un suo genitore. Queste
persone non hanno rispetto. Lo vogliono per se´ o per quei loro amici o
compagni o conoscenti che fecero certe scelte. Ma lo negano a noi. Sento sempre
dire che uccisero per nobili motivi, ma io non penso che ci siano motivi nobili
per i quali si possono uccidere brave persone che non sono in guerra con
nessuno". Per me, sembra dire, sono stati anni di piombo sul serio; e non
facevo l´ idraulico. Non si è arresa certo da allora la sua attività sociale,
perché il Perini ha continuato a macinare dibattiti e iniziative, compresa
quella -una vera sfida- del cinema in periferia. Non si è fermato il suo impegno
per una società solidale. Ma nel frattempo ha tenuto un conto molto
particolare, chiamiamolo il conto dell´idraulico. Si è segnato il numero degli
interventi chirurgici che ha dovuto subire per aiutare la sua capacità di
"deambulare" (ormai in queste cose parla come un medico…) dopo la
gambizzazione. Sono trentaquattro, trentaquattro interventi, "alcuni più
pesanti altri più leggeri". Spesso è stata colpa delle complicazioni, che
fanno nascere patologie complesse. "Anche adesso, per esempio, mi hanno
operato d´ernia. Non mi sento di dire che sia per la ferita alla gamba, però
ogni volta il medico che interviene nota delle anomalie e io allora devo
spiegare ‘mi hanno sparato alla gamba tanti anni fa’…". Non è riuscito,
invece, a tenere il conto esatto delle visite specialistiche. Quelle sono oltre
quota centoventi, "ma più preciso non posso essere".
Ora, alla soglia degli ottanta, ha una preoccupazione quasi ossessiva: che la memoria di quegli anni non venga più difesa. Per questo da tempo ha quasi passato la staffetta a un giovane. A un trentenne. Si chiama Giorgio Bazzega. Suo padre era maresciallo della Digos e venne ucciso proprio da Walter Alasia a Sesto San Giovanni nel 1976. Iosa se lo coltiva, lo presenta in pubblico come una specie di figlio-erede. E in questi giorni ha invitato, dal suo lettino di Niguarda, anche se "sono qui in croce", a partecipare all’intitolazione del parco Teramo a Milano alla memoria di Andrea Campagna. Poliziotto, figlio di immigrati calabresi, ucciso il 19 aprile del ’78 davanti al portone di casa della fidanzata. Tra gli assassini, secondo la legge italiana, Cesare Battisti. Perseguitato politico per la legge brasiliana, con lettera di garanzia, pensa te la storia, di Francesco Cossiga.
Nando
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