Questo sito non utilizza alcun cookie di profilazione. Sono utilizzati cookie di terze parti per il monitoraggio degli accessi e la visualizzazione di video. Per saperne di più e leggere come disabilitarne l'uso, consulta l'informativa estesa sull'uso dei cookie.AccettoLeggi di più
Cronache berlinesi. Statue, muri e wi.fi
Avevo promesso di darvi due impressioni di viaggio su
Berlino. Confermo tutto quello che mi avevano raccontato. Città spumeggiante,
grandiosa, che scoppia di vitalità; dove sembra che si stia ricostruendo tutto
dopo una guerra molto più lunga della nostra, finita -si direbbe- nell’89. Ho
evitato di proposito i musei, salvo quello ebraico o quello del celebre
check-point che separava Est da Ovest. Gli spazi, mi interessava l’uso degli
spazi. E ho capito perché Milano non potrà mai essere una vera capitale
europea. Perché è asfittica, perché non ama gli spazi maestosi, quelli che rendono grandi e
incarnano le ambizioni di una città. Anzi ne ha orrore. Appena c’è uno spazio
bisogna riempirlo e costruirci, e poi costruirci ancora. A Berlino ci sono i
palazzi arditi, si vedono architetture avveniristiche e fantastiche che tolgono
il fiato. Anche accostate, intrecciate, incastonate l’una nell’altra. Ma
intorno ci sono gli spazi. Immensi. Come a Parigi, come a Vienna, come a
Madrid. E chi pensasse di annullarli, lì nel centro della città dove le aree
valgono oro, sarebbe preso per un pazzo. E criminale l’amministrazione che
glielo permettesse, nemica della bellezza della città.
A volte Berlino sembra pensata e congegnata da un bambino diligente e
fantasioso che giochi alle costruzioni. Sia per i colori, che ricordano nel loro
intervallarsi sullo stesso edificio o in edifici attigui quelli della Lego. Sia
perché dall’alto si coglie un ordine geometrico impressionante, figlio evidente
dei bombardamenti che tutto hanno distrutto consentendo di ridisegnare vie e
distanze. Il verde è curato. La gente è piacevole. Visto un gruppo di giovani
(quasi tutte ragazze) intervenire in soccorso di un homeless malmenato,
chiamare la polizia e poi testimoniare al suo arrivo (in due minuti due auto;
altro che “non possiamo intervenire”). Vista la prima donna prete della mia
vita. Bionda, giovane, era intenta a fare la predica (lunga) da un pulpito di
un’antica chiesa di Alexanderplatz. Evidentemente, quanto a occupazioni
femminili, Berlino è destinata a essere
la mia rivelazione. A diciassette anni avevo visto proprio a Berlino est la
prima donna autista di autobus. Comunque non è vero che tutti lì sappiano
l’inglese. Abbiamo trovato l’autista di un pullman turistico che non ne spiccicava
né capiva una parola. E gli anziani rispondono come l’italiano medio. E come
l’italiano medio -anzi, peggio direi- è l’autista berlinese. Isterico, pronto a
suonare il clacson, a inveire, fra l’altro con quei semafori dove il verde dura
niente, mannaggia a chi li ha programmati facendomi arrancare la biondina. Della
birra per le strade è inutile che vi dica (visto un tizio finire diritto con
epica capocciata contro una vetrata pensando di trapassarla). Dei metro che
vanno e vengono senza che le mappe vi consentano di azzeccare la direzione al
primo colpo invece sì: state accuorti, non risparmiate sulle cartine. Vicino
Alexanderplatz statua di Marx ed Engels. Così, per nostalgia giovanile, secondo
voi mi sono fatto una foto? Scattate molte foto del Muro, rivestito di murales
talora ironici, talora poetici. Ovvero: di qua le citate statue; di là, a pochi
metri, il Muro e la porta di Brandeburgo. Dall’utopia all’orrore.
P.S. negli alberghi si paga il wi.fi. Anche dieci euro al giorno. Vergogna, e
viva l’Ostello Bello!
Nando
Next ArticleAvvisi ai naviganti e ai lettori