Albania, Albania, per piccina che tu sia….

…tu mi
sembri una badia. Che bello, che consolante dev’essere stato per Renzo Bossi
scoprire che in Albania poteva comprarsi la laurea che gli sarebbe stata negata
 dalla naturale riottosità verso la
fatica degli studi e la cultura. Non l’ho chiamato il Trota, anche se
giornalisticamente è più efficace, perché il cognome in queste storie deve
risaltare molto bene. Deve risaltare visto che in tutta questa vicenda c’è un
marchio di fabbrica: Bossi, appunto. Come il padre. Che si diplomò per
corrispondenza e poi finse di essersi laureato. E celebrò pure la festa di
laurea. E poi fece credere alla prima moglie di andare a lavorare come medico mentre
si piazzava ogni giorno al bar, principale luogo di formazione del suo pensiero
politico. Pensa te questi farabutti di insegnanti meridionali (uno su dieci ce
n’erano, in commissione) che gli bocciavano il figlio alla maturità e non si
facevano comprare come le università private albanesi. E poi il cognome deve
risaltare perché erano Bossi padre e Bossi figlio ad aizzare le genti padane contro
gli incivili dirimpettai dell’Adriatico. O no? E sono poi sempre stati loro a
rivolgersi agli incivili per riceverne un po’ di nobiltà in più per sé e per la
propria stirpe: una laurea, la cosa in assoluto più improba per la dinastia
Bossi. Da pagare coi soldi dei contribuenti. E noi dovremmo credere che il
padre non ne sapeva nulla? (“Renzo che stai facendo?” “ Studio, papà, non vedi?
Gestione aziendale!”  “Bravo, ti iscrivi
all’università e non mi dici niente? Volevi farmi una sorpresa?” “Certo papi”. “E
dimmi, ti sei iscritto all’università dell’Insubria o a Castellanza? O alla
Bocconi?” “In Albania, papà, oggi il progresso nasce lì”. E fu in quel preciso
momento che l’Umberto ebbe l’infarto o l’ictus, altro che acrobazie sessuali…Per
questo non gli dissero mai con che soldi il figlio si pagava gli esami).

Il tempo è galantuomo. Subii ogni tipo di insulto per non avere promesso in
campagna elettorale di cannoneggiare gli albanesi che arrivavano sugli scafi
clandestini. “Portali a casa tua”, mi dicevano, come hanno poi detto a Pisapia.
E intanto loro portavano oro, incenso e mirra ai signori della corruzione, non
solo per nobilitare il Bossi jr ma anche per fare laureare in sociologia la
guardia del corpo (termine purtroppo ambiguo) della Rosi Mauro. Mentre io,
asservito alla delinquenza albanese, da sottosegretario all’università rifiutai
il riconoscimento a una facoltà di medicina albanese che mi veniva caldeggiato
da un senatore della mia maggioranza. Ve li immaginate i cialtroni mandati a
diventare medici a Tirana, per poi dichiarare malati di tumore camorristi o ‘ndranghetisti?
In ogni caso si conferma l’adagio del vostro Anfitrione: di certe persone non
si pensa mai abbastanza male. Quanto a quelli che hanno pensato che tipi del
genere potessero rappresentare la rivolta del nord contro Roma ladrona, be’,
poveretti. Tre pater, tre ave e un esilio in Uganda per penitenza.

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