Human Rights: Polpaccio Libero

 

Lo so, accadono tante cose. Centocinquanta persone che
applaudono, vicino Kabul, l’assassinio di una donna adultera (bastardi…). Il
signor B. che si ricandida a guidare il centrodestra, ma chi sarà mai questo Alfano
dallo sguardo scintillante…Miei laureandi che fanno ottime discussioni di
laurea: non tutti, è vero, ma quanto basta a sentirsene orgogliosi…Eppure in
questi giorni la mia mente è presa da altre questioni. Che appaiono di infimo
dettaglio ma svelano la profondità dei processi antropologici in corso. Una giganteggia
fra tutte: la questione del polpaccio. Mi spiego. Vedo che quasi tutti i maschi
italiani sentono da un paio di mesi la necessità impellente di girare in
pantaloni corti. Con i pantaloni corti vanno per strada, nei locali, sui tram e
sui bus, negli uffici pubblici (non ai miei esami: è vietato). Giovanotti di
venti e anziani di settantacinque anni. Tutti accomunati dal bisogno di liberarsi
dei pantaloni lunghi perché c’è caldo. Non ce la fanno, poverini, muoiono se si
tengono addosso i pantaloni lunghi. Non gli basta averli più leggeri, come è
comprensibile. Devono proprio liberarsene.
Che strano, mi dico. Perché non ho mai visto nessuno morire dal caldo a causa
dei polpacci. Anzi, se rivado con la memoria alle scene del sudore e degli
eccessi termici vissute in diretta nei decenni, vedo persone che tirano fuori
il fazzoletto per asciugarsi la fronte, o le guance o il collo. Perfino i lobi
delle orecchie. Vedo persone che agognano una doccia fredda che irrori loro l’addome
o il petto o la schiena. Vedo viandanti impazienti di mettere sotto l’acqua
fresca i piedi fumiganti. Non vedo nessuno, ma proprio nessuno, affannarsi
dietro i polpacci sudati, nessuno che dica “non resisto più coi polpacci” o “fatemi
bagnare i polpacci”. Il polpaccio è neutro. Inodore, incolore e insapore. E
allora perché la fregola dei pantaloni corti? Non sarà che è la voglia di
sentirsi giovani, liberi e belli, di acconciarsi conformisticamente alla
stagione come quelli che vanno in montagna e dopo cinque minuti si mettono i
calzettoni scozzesi? Per carità, si può, mica è vietato (se non per certe
cose). Ma perché tanta frenesia? Io ho l’idea che ci sia in tutto questo un
pizzico di tamarritudine, uno smarrimento adolescenziale di senso. L’incapacità
di capire dove si è e dove si deve stare. Certo, il mio parere è inficiato alla
radice dal fatto di essere tra quelli che, ai tempi, i pantaloni lunghi dovevano
conquistarseli e dopo esserseli conquistati non li mollavano più. Però questi
grandi problemi esistenziali non mi fanno dormire, un po’ come i pantaloni con
il cavallo alle ginocchia (e poi cadono quando inseguono il tram, ma si può?),
o le gonne da discoteca indossate per discutere una tesi. Che mondo, amici. Che
pesi, che problemi…Che preoccupazioni a guardare il presente…

 

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