Riccardo il garibaldino. E i deviati: fine di un mito

 

Ascolto Elton John, e scrivo un po’ isolato dal mondo. Già,
sono nel mio studio di casa, leggermente più ordinato del solito. Niente rumori
dalle strade, niente o poche telefonate. Sabato sera sono andato ad Albissola
per la grande libreria Ubik a fare un incontro in piazza su etica e giustizia
con Adriano Sansa e Gian Carlo Caselli. Piazza strapiena, e ti rincuora. Dà un
senso di vertigine arrivare con borsa e giacca blu al seguito, sia pure portata
in spalla,  e incrociare corpi
abbronzatissimi e bikini che ti guardano come un alieno. Alla fine di ogni
estate mi ripeto che alla prossima si cambia, che non può andare avanti così, e
invece puntualmente va avanti così. Sono soddisfazioni.
Va avanti così anche il grande Riccardo Orioles. Ho visto oggi il nuovo numero
dei “Siciliani giovani” (
www.isiciliani.it)
e sono stato preso da un empito di ammirazione per questo garibaldino generoso
delle redazioni antimafiose. Ragazzi, che inventiva, che estro, che mani
sapienti strette a mani innocenti. C’è un editoriale bellissimo sulla
generazione del dopo stragi scritto da una ragazza, che si chiama Sara Spartà.
Pensate, proprio lei mi aveva cercato oggi per mail, prima ancora che leggessi
la sua firma, per chiedere di essere ammessa fuori orario alla Summer School.
Ho detto istintivamente di sì, visto lo straordinario curriculum internazionale
che alla sua età può vantare. Ma non mi ha detto “conosco Orioles”. Vedete come
tutto si tiene…
Non mi appassiona più, lo ammetto il dibattito sulle alleanze politiche. Mi
sembra tutto già visto e rivisto. E poi ci sono interviste “ai leader” di cui ormai
mi importa quanto mi può importare di un cono di limone.
Mi importano semmai altre riflessioni. Per esempio una volta ero convinto -come
molti, credo- che nel nostro paese le verità scomode venissero allontanate e
sepolte dai servizi deviati, dai pezzi dello stato deviati, dalla massoneria
deviata. I deviati deviavano insomma. E chissà perché vincevano sempre loro.
Oggi mi sembra di capire però che a non volere accertare le verità scomode sia
quello che consideriamo il meglio della nostra democrazia, persone ritenute affidabili
da tutti quelli che le hanno frequentate, da un potere, da un giornalismo, da
una burocrazia per nulla deviati. Ma che sono la natura tranquilla e
costituzionale della nostra democrazia. E questo un po’ di inquietudine dentro
me la mette, lo confesso. Fatta questa poderosa riflessione, vi saluto e mi
rituffo nel proemio della notte. S’ha da scrivere, amici. E l’ora è la
migliore. Buon mare a chi c’è già, ma tra un po’ arriverò anch’io. E senza
giacca blu.

 

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