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Marinaio gentiluomo
Il Fatto Quotidiano, 19.7.2012
Se qualcuno vuole trovare Il sorriso dell’ignoto marinaio venga a Stromboli. Venga qui dove i
giornalisti arrivano a caccia di vip e volano alti sulle storie più belle, in
grado di incantare chiunque. Come quella di Paolo de Rosa, marinaio di
lunghissimo corso e dalla vita zeppa di paesaggi e di avventure. Che decise di
stabilirsi nell’isola negli anni settanta, appena ebbe occasione di buttarci
l’ancora. La passione per il mare gli era nata nelle estati dell’infanzia. Quando
con la famiglia andava in vacanza da Napoli a Ischia nella casa di un pescatore
sempre piantato in asso dai figli e che perciò, a sei anni, se lo prese come
mozzo sulla barca. A Napoli, la sua città (anche se sulla carta d’identità sta
scritto che è nato a Milano), imparò a guidare le barche a vela, i segreti dei
venti e delle correnti. Poi le regate al liceo, la fama di skipper d’eccezione
e a vent’anni la partenza. Sola destinazione, il mare. “E’ stata una storia di
pesca, poi di vela, poi di pesca e poi altro ancora. Collaudavo e portavo
imbarcazioni da diporto dai cantieri finlandesi ad armatori del Mediterraneo
dell’est. Ho passato anni interi a condurre barche da charter. Sul Pacifico,
lungo le coste del nord, del centro e del sud America. Ai Caraibi. Nell’ Oceano
indiano. L’industriale o il professionista si comprava un’imbarcazione a vela
in Europa e io gliela portavo ai Caraibi, perché lui voleva godersela lì. Poi
prendeva l’ aereo e se la trovava già pronta. Curavo anche l’ultimo
allestimento. Sei anni di viaggi”. Sorride, il marinaio, a pensare a sé che di
mestiere sfida gli oceani per i ricchi che arrivano in aereo. Ha un’ironia
gentile. Non è alto, è magro e nervoso, i muscoli scattano anche quando deve
spiegare una cosa con i gesti. Ridono gli occhi azzurri, dicono le signore che
abbia qualcosa di Alain Delon. Deve averlo pensato anche Donatella, la compagna
milanese (ma di Varazze) che venne qui negli anni settanta e con cui dopo
qualche anno si misero insieme rompendo altre storie. Radici a Stromboli per
tutti e due, lei una boutique affermata, lui come può averle un uomo di mare.
“Andavo a pescare i pesci spada, questa è una zona ricchissima, si chiama la
pesca grande-pelagica e 9comprende anche i tonni, va da marzo a settembre. Ho
voluto bene a tutte le mie barche, ma quella che ho amato di più si chiamava
‘Follia’. L’ho avuta per venticinque anni, l’ho data via l’anno scorso. Perché
ho scelto Stromboli? Per la combinazione isola-vulcano. Non amo stare nelle
grandi città, per indole, sono poco sociale. E poi chi naviga diventa tutt’uno
con il clima che c’è, ne fa la sua anima, e questo è il mio clima”.
Sorride il marinaio che nel frattempo ha raggiunto i gradi di capitano. Ha
smesso di pescare, ha aderito ai programmi di riconversione dell’Unione
Europea, e si è dedicato all’oceanografia. Ha comandato per cinque anni
“Universitatis”, la nave di ricerca organizzata da un consorzio di una trentina
di università italiane. Gli piaceva stare con i ricercatori e gli studenti.
“Scienziati del mare, geologi, geofisici, centoventi giorni all’anno di
missione scientifica. E’ mancata la parte commerciale, forse un consorzio così
numeroso era impossibile, avevano anche sottovalutato i costi di manutenzione.
Peccato”. E si vede che ne ha nostalgia. Anche se il lavoro non gli manca.
“Sono stato in Libano venti giorni fa. La cooperazione internazionale ha
regalato un peschereccio dismesso al loro Cnr. Gli hanno dato i soldi per
attrezzature costose, ma loro non sapevano come usarlo. Sono andato a fare il testing a mare, ad allestirlo. Sono
belle queste cose un po’ strane, come quando ho allestito una nave svedese per
una ricerca sul patrimonio archeologico sottomarino di Cuba, nel ‘96 mi
sembra”.
Ora il capitano si è dato una sfida nuova: difendere Stromboli, costruirci relazioni più civili. “Quelli che amano Stromboli sono molti. Ma dispersi. Ci sono i residenti, quelli che hanno qui la casa e quelli che vengono in affitto. E tutti hanno problemi comuni, dalla spazzatura alle comunicazioni e ai trasporti, ce ne hanno tagliati la metà. Poi ci sono i problemi dei residenti, la scuola e la sanità. Perché non mettersi insieme? Così ho costruito un portale, Stromboli.net. Funziona come un blog multiautore. Ci si possono mettere foto simboliche, esperienze, problemi. Lo abbiamo aperto al consiglio di circoscrizione, sette persone, perché facciano sapere che cosa fanno. Sembra poco ma così si organizza una democrazia dal basso. Se no le cose ti passano sulla testa e vincono i furbi. Ho iniziato in primavera e già c’è un clima diverso, e infatti non ci sono più gli ‘api’ abusivi, i taxi possono essere solo elettrici, sono stati messi divieti orari per la circolazione a scoppio ed è pure finito l’affitto selvaggio delle moto ai non residenti. Certo, abbiamo bisogno di wi-fi, qui abbiamo problemi di campo. Hanno pensato di fare un aeroporto ma a internet no. Ci lavorerò io con amici siciliani, ho imparato con i sistemi satellitari sulle navi. D’altronde le reti devono essere di comunità, se no diventano solo grandi bacini di sondaggi per i colossi commerciali. Speriamo”.
Ma il capitano ha una speranza ancora più grande. Che gli arrivi prima o poi una legge sulle unioni civili per certificare la sua storia d’amore con Donatella. Dicono che serva alle borghesie salottiere di Roma e di Milano, quelle che hanno i mezzi per sfasciare e rifarsi le famiglie. E invece è in attesa anche l’ignoto marinaio.
Nando
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