Il dilemma dei bastardi. E il 3 settembre: diffamazione a mezzo stampa

 

Ultimi scampoli di Stromboli, con colori africani che
abbacinano e affascinano (e tirano fuori le bisdrucciole dall’anima). Ho anche
trovato un gelsomino messo da mano gentile accanto al mio computer per
regalarmene il profumo ancor più da vicino. Che bello, trovarlo al rientro a
mezzanotte quando ti rimetti al lavoro…E a proposito di gentilezza, qui
nell’isola sta dilagando l’interrogativo, il grande problema esistenziale che
sto ponendo da giorni in ogni ritrovo, anche rapido, foss’anche un caffè. Il grande
problema esistenziale, su cui mi arrovello e su cui sarebbe carino avere anche
il vostro parere è il seguente: ma il mondo è bastardo perché la gente è
bastarda, o la gente è bastarda perché è bastardo il mondo? La cosa ha un suo
altissimo contenuto filosofico (bisognerebbe costruirci una scuola sopra), e la
risposta che si dà parla inevitabilmente dell’identità di ciascuno oltre che
della sua biografia. Vietato rispondere che c’è un rapporto dialettico (troppo
facile!). Vietato pure dire che questa è una visione pessimistica della vita.
E’ il mio ottimismo, in fondo, che mi fa scrivere sul Fatto ogni domenica le
“storie italiane” piene di speranza. Ma quando sento raccontare o vedo certe
cose, me lo domando. Non ci posso fare niente.
A proposito, vi avevo ben detto che sentivo un’aria un po’ fetida intorno al 3
settembre: rimozione, mancanza di rispetto. Forse sbaglio e può succedere,
quando ci si è in mezzo si può sbagliare. Poi però leggo un pezzo sul Fatto
(già: il Fatto…) e divento pazzo. Una paginata sul caso De Mauro, il
giornalista dell’Ora rapito e mai più fatto ritrovare, scritta da Giuseppe Lo
Bianco e Sandra Rizza. Vi si dice, spiegando che il rapimento e l’uccisione
furono dovuti alle ricerche di de Mauro sull’assassinio in volo di Enrico Mattei,
che l’inchiesta venne depistata dai carabinieri del colonnello dalla Chiesa.
Minchia, ho detto (non il minchiazza di Lillo, ma proprio minchia!). Ma questi
che cosa stanno dicendo? Ma questi conoscono il significato delle parole? Ma
come diavolo scrivono? E con che scrupolo? Mio padre batté la pista della
droga, è vero. Ne era convinto. E non è che fosse così assurdo battere quella
pista parlando di mafia a Palermo; anzi, il fatto di pensarci allora vuol dire
che colse in anticipo la portata dirompente di un affare su cui Cosa Nostra non
la faceva ancora da protagonista. Poteva immaginare, nel settembre del ’70, che
ci fosse di mezzo l’aereo precipitato vicino a Pavia quasi dieci anni prima e
fra l’altro partito da Catania (dunque non pezzo della storia palermitana)?
Batté la pista della droga. Mattei venne fuori molto dopo. E da quando avere
una convinzione investigativa vuol dire “depistare”? Forse disse che De Mauro
aveva questioni di donne? Forse disse che aveva debiti di gioco? Forse costruì
un falso testimone o fece scovare un falso memoriale, perché questo è depistare, minchia? Ma esiste
l’italiano, esiste il rispetto per le persone (appunto!) o tutto deve essere
sacrificato a questa smania troppo incoraggiata di essere i giornalisti dello
scoop, ammazza che grande giornalista, del “vero giornalismo d’inchiesta” ?
Magari sparando le proprie fesserie siderali, perché -udite udite- si dice in
quell’articolo che tutto ciò ha a che fare con la trattativa Stato-mafia? Bum!
Poveri noi, già, poveri noi se così viene fatta l’antimafia. Le parole sono
pietre. Sarà un 3 settembre di battaglia, lo giuro davanti a chi da trent’anni non
si può difendere.

 

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