Azzurra. Ovvero: la società gggiovane che tiene i giovani nel sottoscala

 

Il Fatto Quotidiano, 16.9.2012

“Questi sono problemi suoi”. Quando le hanno detto così
Azzurra non ci ha visto più. Ha messo giù il telefono incredula, indignata. Lei
gentile e rispettosa e quieta, unico segno eccentrico un minuscolo piercing al
naso, è diventata un fiume in piena.
Azzurra Corradini è una studentessa universitaria modello. Trentina di
Rovereto, si è presa la laurea triennale a Milano perfettamente in corso,
106/110. Studiando e facendo uno stage di quattro mesi che la impegnava dieci
ore al giorno. “Lavoravo più ore delle mie colleghe pagate regolarmente. Ero in
una agenzia di comunicazione importante, che operava anche per la Kraft e la Philips;
scrivevo comunicati stampa, davo una mano su tutto, aiutavo a organizzare
eventi, l’ultimo una convention a Cortina con tutti i dirigenti Kraft, anche
quelli non italiani. A me piaceva. Prendevo un rimborso per i pasti di trecento
euro al mese e me lo facevo bastare per il vitto di tutto il mese. Non era uno
stipendio ma pensavo che stavo facendo esperienza, che tutto sommato non avevo
ancora una laurea. E che quello stage, per me che mi stavo laureando in
Comunicazione e società, sarebbe potuto essere utile”. La tesi di laurea l’ha
fatta sul marketing territoriale del Trentino. Una ricerca originale su come la
regione coltiva e promuove la sua immagine. Viene apprezzata dalla commissione
di laurea e allora telefona alla società Trentino marketing Spa, della Regione.
Chissà mai che interessi vedere la tesi. Non ci pensiamo nemmeno, le
rispondono, ma ha idea lei di quanti sono gli studenti che fanno la loro tesi
su questa materia?, mica abbiamo tempo per riceverla. Signorilità da pubbliche
relazioni, non c’è che dire. Ferita nell’orgoglio trentino, pensa però soprattutto
a cercare di procurarsi le credenziali per un lavoro. I giovani sono bamboccioni?
Be’, Azzurra ha iniziato ad andare a studiare all’estero a 17 anni, ha fatto la
quarta liceo scientifico vicino Monaco di Baviera vincendo una borsa di studio
regionale. E ora a 22 va a fare l’Erasmus a Madrid, mentre si iscrive al corso
di laurea magistrale in Comunicazione di impresa e marketing a Milano. “Venivo
alle lezioni delle otto e mezzo del mattino direttamente da Trento, ogni
giorno. Non ce la facevo più a pagarmi il bilocale con le due mie amiche. Una
cucina, un bagno, una stanza che dividevamo per tre, trecento euro al mese a
testa. Troppo, ed era pure senza internet. A Madrid ho imparato lo spagnolo, il
tedesco lo so quasi come una madrelingua, l’inglese lo so abbastanza. E allora
in vista della laurea magistrale ho incominciato a guardarmi in giro. I miei
genitori hanno altri due fratelli più piccoli da mantenere agli studi, non ho
voglia di pesare”.
 

Che fare? Azzurra consulta i siti universitari dedicati alle opportunità per gli studenti. Nessuna illusione, c’è la crisi. Spedisce quarantacinque curricula, riceve quattro risposte. “Quello che mi ha colpito è che in nessuna risposta era nemmeno contemplata l’idea di pagarmi. Alla Diesel mi hanno proposto 5 euro di buoni pasto al giorno da spendere solo alla mensa aziendale. Una società di Lugano mi ha spiegato che non dovevo aspettarmi molto di rimborso, che occorreva fare una verifica, ma che non me lo sapevano dire. Lo stesso un’altra agenzia di pubblicità. Poi mi hanno chiamato da Mediaset, una signora del personale. Mi hanno proposto una stage full-time. Con flessibilità per il week end, cioè la disponibilità a lavorare anche di domenica. Nessuna possibilità di inserimento finale. E nessun rimborso spese. Gratis, totalmente gratis. E io non ci credevo. E l’impiegata, con il tono altezzoso, che mi ammoniva e mi spiegava: ma guardi che noi siamo Mediaset, ma si rende conto che lei farà un sacco di conoscenze che potranno tornarle utili per la carriera? Allora io le ho detto: mi scusi ma se lavoro tutto il tempo senza guadagnare niente io come vivo? E lei a quel punto mi ha risposto: questi sono problemi suoi. E’ lì che non ci ho visto più. Ho viaggiato per imparare le lingue, ho studiato in altri paesi, ho lavorato durante il corso triennale per fare un’esperienza da presentare insieme con il titolo di studio, per venire a seguire i corsi mi sono alzata alle cinque del mattino, ho la media più alta del 29, mi laureerò in anticipo. Ho fatto tutto quello che i giovani sono rimproverati di non volere fare. Dicono che non ci stacchiamo dai genitori, che vogliamo l’università sotto casa, che non sappiamo faticare, che non parliamo le lingue, che è per questo che non troviamo lavoro. Ma questi vogliono solo farci lavorare gratis. Perché dobbiamo essere costretti a lasciare tutto e andarcene all’estero per trovare un lavoro dignitoso? Ma è possibile che nessuno riesca a tutelarci davvero? La verità è che per noi ci sono poche speranze. E’ un sistema malato, prof, e poi qualcuno si lamenta che non ci sono più i valori di una volta, magari quello della famiglia. Ma scusi, come si può pensare che un giovane aspiri a costruirsi una famiglia quando non ha nemmeno i soldi per mantenere se stesso?”
Azzurra chiede, incalza, e senti uno sgomento di fondo. Parla di sé, ma parla di una generazione. Di una generazione che sa donare (lei ha fatto volontariato con Amani a Nairobi) ma che non riceve. Di una società che ha fatto della gioventù la sua ossessione, che vuole essere giovane, sempre più giovane, ma che i giovani veri vuole tenerli nel sottoscala, massa di riserva senza diritti. In fondo sono “problemi loro”.O no?

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