Emozioni. Addio Guido. E ricordando “nonno Nino”

 

Ci sono anche le emozioni, purtroppo. E questa è grande. Se
ne è andato come un fulmine Guido Martinotti, uno dei maestri della sociologia
italiana. A Parigi ieri notte, dicono per colpa di un aneurisma. Guido è stato
uno degli spiriti più liberi che abbia conosciuto. E anche una delle persone
più colte. Ha dato un contributo fondamentale allo sviluppo della sociologia
urbana, anche se si è occupato (e benissimo) pure di sociologia politica. Aveva
74 anni ma aveva la freschezza mentale e la capacità di indignarsi di un
ragazzo, che nutriva (questa era la sua e nostra fortuna) di un patrimonio di
letture e di ricerche sterminato. Lo ricordo come tutti, professore a Scienze
Politiche a Milano e a Torino, amato e rispettato dai giovani del movimento
studentesco, con cui è rimasto in contatto fino agli ultimissimi giorni,
intervenendo con passione a favore della candidatura di Bersani sul forum mls.
Non si è mai negato ad alcun dibattito. Sapeva discutere con calore e rispetto
come pochi. Fu tra i fondatori di Società civile, per il cui mensile scrisse
moltissimo, generosamente. Socialista ma sempre vigile sulla deriva del
craxismo. Sua un’analisi indimenticabile (che ho voluto citare in “Buccinasco”,
con suo pudico orgoglio) sulla meridionalizzazione del partito, che amava invece
molto presentarsi come punta di diamante dei nuovi ceti creativi del nord più
avanzato. Non sono retorico affatto se dico che da oggi la sociologia italiana
è un po’ più povera. Ho visto in rete, con il piacere consolatorio che si può
provare in questi casi, che siamo in molti a rimpiangerlo. Incredibile a
pensarci, l’altro ieri sera ci siamo scambiati una mail su “Buccinasco”, e
avevo concluso la mia con un postscritto: “Ti vedo sempre bello combattivo”…
Sono anche dieci anni dalla scomparsa di Antonino Caponnetto, altro maestro, di
altri che a loro volta furono nostri maestri, Falcone e Borsellino. Stiamo
parlando, per i ragazzi che non lo sapessero, di uno dei più grandi giudici della
storia della Repubblica, teorico del pool antimafia, guida ferma, dal suo corpo
di cartavelina, dell’ufficio istruzione di Palermo nell’accusa dello storico
maxiprocesso nel 1986-1987. Pensando all’eredità che ci ha lasciato con il suo
faticoso peregrinare finale per le scuole d’Italia -dieci anni a sorreggere le
altrui speranze-, ancora ci si indigna a ricordare che ai suoi funerali a
Firenze non vi fosse nemmeno un sottosegretario, mentre la metà quasi del
governo se la spassava davanti alle gambe scosciate di Miss Padania. Alla sua
dolce compagna, Bettina, vada l’abbraccio affettuoso di questo Blog e quello
della Scuola di formazione politica “Antonino Caponnetto”. Con la promessa che
non dimenticheremo più di informarla delle occasioni in cui “nonno Nino” darà
il suo nome a manifestazioni, seminari o cineforum. Anche le emozioni contano,
appunto.

 

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