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Giulia e le altre, a Firenze. Perché l’antimafia è donna
Il Fatto Quotidiano 10.3.13
Non la intervisterà nessuno. Nonostante gli insegnamenti
dello tsunami che ha ribaltato la politica italiana, sabato per lei niente taccuini.
Nessuno, alla manifestazione nazionale di Libera, vorrà sapere chi ha
organizzato l’accoglienza per centomila persone, chi si è occupato di gestire
l’arrivo di pullman di scout, di familiari di vittime. Di treni speciali. O di
trovare le sedi per ventisette seminari in contemporanea al pomeriggio. Di
andare a prendere in queste settimane a Santa Maria Novella gli ospiti in
arrivo per portarli in scuole, università, circoli, cineforum, comunità e
cooperative, in una terra dove il verbo dell’antimafia è ancora acerbo. “Vengo
io, non si preoccupi”, “ci sarò io, la porto in albergo”. Anche se l’ha fatto
con addosso un virus da debilitare un lottatore, non avrà né microfoni né
registratori sotto il naso: chi è, che cosa fa nella vita, perché una fiorentina
dedica la sua vita alla causa dell’antimafia. Fosse stata appena eletta in
parlamento, sarebbe una star. Così no: non
è una notizia.
Giulia Bartolini ha 27 anni. I capelli sembrano serpentelli castani che si
accendono al sole. Ha un basco bianco portato di sbieco. E una splendida,
fanciullesca parlata toscana. “Che cosa mi immagino? Mi aspetto centomila
persone. Come a Genova l’anno scorso.
Anzi, posso sbilanciarmi? Forse saranno ancora di più. La Toscana sta reagendo
alla grande. Mi arrivano buone notizie dappertutto”. Perché Giulia sia finita nell’associazionismo
antimafia è cosa che supera ogni immaginazione. Tutta colpa (o merito) della
Svezia. Lì faceva l’Erasmus lavorando alla tesi specialistica in politiche
sociali. “Lo so, sembra incredibile. Ma nella percezione dei miei coetanei
svedesi l’associazione mentale tra l’Italia e la mafia era così forte che
quando tornai a Firenze mi misi immediatamente a studiare le attività di
Libera. Volevo conoscere il problema e darmi da fare. Mi colpirono subito le
esperienze dei campi di lavoro sui beni confiscati, ma non sono mai potuta
andarci perché da giugno ad agosto lavoro in campi per bambini con una
cooperativa sociale del Casentino”. Già,
il Casentino. Non confondetela troppo con Firenze, Giulia. Ci è venuta ad
abitare da sola sette anni fa per frequentare l’università, ma la sua anima sta
nei luoghi dell’ infanzia, a Bibbiena, dove abitano il padre operaio e la madre
modellista (“noi siamo la terra di Dante e di don Milani, hai detto niente”).
“Quando ho incominciato a lavorare per sabato prossimo? Da ottobre, anche se spiritualmente
ero pronta sin dal giorno in cui fu scelta Firenze, lo scorso luglio. La nostra
sede organizzativa… Ultimamente è il Mandela Forum, ma fino a poco tempo fa la
sede vera è stata casa mia, con il mio telefono e il mio computer. Più la
Bottega dei saperi e dei sapori di Libera in via Fiesolana. Formalmente sono
responsabile della segreteria organizzativa, certo, ma qui si deve far di
tutto, bisogna che ogni cosa fili liscia, non ci si può distrarre, occorre
rigare diritti. Ti devi inghiottire anche tutte le mancanze di cortesia o
l’indolenza di chi dovrebbe aiutarti. E pensare che a volte costerebbe nulla
darti una mano, soprattutto visti gli ideali che rappresenti. Lo ammetto, nei
rapporti con qualche istituzione o associazione il peso della burocrazia è
stato asfissiante, meno male che il gabinetto del sindaco ci ha aiutato molto a
risolvere i problemi”. Giulia elenca i giovani con cui sta condividendo le sue
fatiche. E hai subito la conferma che davvero l’antimafia è donna: Anna,
Eleonora, Camilla, Rita. “Ma abbiamo anche un uomo, Pietro”. “Che devo dire? Libera
mi ha risucchiato, ho smesso la mia lunga militanza negli scout, dove ho fatto
il capo per anni. La cosa bella di questa associazione è che senti di far parte
di qualcosa di grande, sai che se caschi hai qualcuno che ti risolleva. Ora aspetto
sabato con emozione. Ci penso tutti i giorni. Credo che mi commuoverò a vedere
centomila persone e a pensare ‘un po’ è anche merito mio’. Mi dicono che in
questi casi subentri la depressione del giorno dopo, la sindrome da esaurimento
dell’adrenalina. Chissà, io mi preparo”.
Ma con Giulia non avverrà. La ragazza dai serpentelli castani e dalla parlata fanciullesca ha una vita che scoppia di interessi. La mente è tutta rivolta all’impegno sociale e politico, si sente portata per la cooperazione internazionale, “l’ho capito per la prima volta quando andai con gli scout in Bosnia, poi di nuovo alcuni anni dopo, quando feci la volontaria per un periodo in Africa, in Eritrea”.Legge molto. L’ultimo libro che l’ha conquistata è “Cecenia, disonore russo” di Anna Politkovskaja, anche se quello della sua vita è “Il maestro e Margherita”,il capolavoro di Bulgakov. Dopo avere fatto la ballerina “per una vita”, la danzatrice classica per passione, ora gioca a calcio in una squadra di serie D, nella Lega nazionale dilettanti. Si batte da terzino sinistro nella CCF, Casentino calcio femminile, quest’anno prima in classifica con un modernissimo 3-5-2. “Strano il calcio in una donna, vero? E’ una passione che mi ha trasmesso il mio babbo, che fa l’allenatore”. Per quest’estate ha un sogno: prendersi un’auto con un po’ di amici e farsi il tour completo delle cooperative nate sui beni confiscati. “Da nord a sud, fino alla Sicilia. Le terre, le imprese e soprattutto le persone. Voglio vederle tutte. Me lo merito, no?”.
Nando
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