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I buoni presidenti. E i pessimi assenti. (E chi può, a Pavia!)
Che roba, Firenze! Verrebbe da dire “che cosa vi siete persi!”,
come scrissero i napoletani sui muri del cimitero dopo il primo scudetto di Maradona.
Uno spettacolo di sole e di gioia, di impegno e di gioventù. Vi metto qui a
lato l’articolo mandato al “Fatto” ieri sera dalla Freccia rossa che mi
riportava a Milano. Aggiungo per voi la folla dei seminari. La grande aula di
Psicologia dove Martina e Ludovica presentavano il loro libro “Al nostro posto.
Donne che resistono alle mafie” era stracolma, e anche emotivamente tesa (qui
ne approfitto per comunicare ai blogghisti affezionati che “Le ribelli” sta andando alla
sua quarta ristampa).
Nell’aria c’era felicità per la presidenza di Laura Boldrini e poi per quella
assai più sofferta di Piero Grasso. I movimenti civili hanno esperienza di
tutti e due e sanno ben misurare la differenza abissale tra la loro nomina e
quella, data in pole position, di Franceschini- Finocchiaro, di cui i movimenti
sanno proprio pochino, nonostante siano in politica da una vita. Bisogna dire
che Bersani nell’occasione è stato bravo a sparigliare. Ma bisogna pure dire
due altre cose. Che evidentemente la società italiana ha le risorse, e ne ha
pure molte, per rendere la politica e le istituzioni delle cose attraenti in
cui riconoscersi. E invece per decenni si è attorcigliata, pure in tivù,
intorno alla solita decina di nomi, che soprattutto grazie alle liste bloccate
hanno confiscato la politica nazionale, per sé e per i propri polli (od oche) di
allevamento. Né la Boldrini né Grasso sono polli di allevamento, e questo si
intendeva per cambiamento nel Pd, non l’arrivo della Madia o della figlia di
Cardinale. Era così difficile capirlo? L’altra cosa da dire è che ci voleva
quella massa di parlamentari grillini per costringere Bersani e l’intero Pd ad
andare oltre il perimetro di venti carriere personali.
Dopodiché anche su Grillo e sui grillini c’è da dire. Sbaglierò, ma non
schierarsi tra Schifani e Grasso è l’inizio della fine di Casaleggio & C. E
qui datemi ascolto. Il primo modo per riconoscere se un partito fa politica al
servizio dei cittadini o per sé è porsi il seguente interrogativo: sceglie ciò
che è meglio per il paese o ciò che è
meglio per sé, magari sostenendo che
il bene del partito coincide con l’interesse generale perché “solo noi possiamo
difendere l’occidente”, “solo noi possiamo essere il cambiamento”, ecc? Grillo
ha già dimostrato con le elezioni lombarde che dell’interesse collettivo gli
frega poco, che lo identifica con i numeri del suo partito. E ieri non lo ha
fermato neanche la prospettiva di rifilare al paese Schifani presidente del
senato. Dunque: è utile per far cambiare gli altri, ma è inutile (anzi dannoso)
per quello che fa in proprio.
Noi invece continuiamo a fare quel che si può, come a Firenze: per cui per
domani sera vi suggerisco, se siete su Pavia o dintorni, di andare all’incontro
sulla ‘ndrangheta in Lombardia con Alberto Nobili, magistrato insigne. Organizzano
il mitico “Stampo antimafioso”, Radio Aut e l’Osservatorio Antimafie. Ore 21.30,
via Porta Solara 18. Intervista a cura di Ester Castano. Acculturatevi, ché è
il momento.
Nando
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