Questo sito non utilizza alcun cookie di profilazione. Sono utilizzati cookie di terze parti per il monitoraggio degli accessi e la visualizzazione di video. Per saperne di più e leggere come disabilitarne l'uso, consulta l'informativa estesa sull'uso dei cookie.AccettoLeggi di più
La bella università delle sette signore
Il Fatto Quotidiano 24.3.13
D’accordo, non è roba da “Baciami ancora”. Ci sono cose
belle che suscitano emozioni più grandi.
Ma perché non raccontare di questa “Università del tempo libero”? Perché non
parlare di una piccola, preziosa impresa culturale realizzata a Melzo, a est di
Milano, da un gruppo di signore trasformatesi in fate di provincia? In fondo
sono minacciate anche loro, come e più dei ministeri e degli atenei italiani,
dai famosi tagli alla cultura. In fondo sono a rischio anche le briciole del
loro volontariato.
A guidarle è Elisa Aldini, sguardo scrutatore e gentile, energica “autodidatta”,
come si definisce lei, già ragioniera e segretaria di direzione in un’azienda
metalmeccanica. E che oggi, nel suo ruolo di manager culturale volontaria, dà
punti a tante donne più titolate. “Vuol sapere chi ha avuto l’idea? E’ nato
tutto nel 2005, quando andò al governo della città una lista civica. L’assessore
alla cultura Vittorio Perego, che poi è l’attuale sindaco, lamentò che a Melzo
non ci fosse abbastanza vivacità di idee. E lanciò la proposta: fare come a
Gorgonzola. Ha ragione, le spiego che cosa vuol dire. A Gorgonzola c’è da tempo
un’università del tempo libero. Una realtà importante, partecipatissima, che
attraeva pubblico anche da Melzo. E io la frequentavo da dieci anni, vi avevo
anche compiti di gestione. La mia prima risposta all’assessore fu che era
impossibile. Quella era un’ esperienza troppo grande, ormai collaudata, con un pubblico
già formato. Poi mi convinsi. Portai nel nuovo progetto le amicizie e i
contatti che avevo. E mi misi al lavoro. Così è nato progressivamente il nostro
gruppo. Pensi, sette donne. E tutte donne. Oltre a me, Lella Cattaneo, Edvige
Chiesa, Maria Luisa Montano, Francesca Raimondi, Maria Teresa Confalonieri,
Ombretta Breno. Chi ancora in attività chi in pensione. Impiegate, insegnanti,
una negoziante di lusso”.
L’impronta del progetto è stata subito sociale, con una attenzione al formato
famiglia che traspare già dai prezzi delle tessere. Per iscriversi ai corsi,
che partono nel mese di ottobre, si pagano infatti trenta euro (“nulla, in
confronto a Gorgonzola, e pensare che si lamentano pure”), con sconto per
coppie; mentre la partecipazione per i ragazzi sotto i vent’anni è gratuita. Il
menù dell’offerta? Vario, perfino caleidoscopico, e indica da solo l’ ampiezza
di interessi di un popolo che è poi assai simile alla celebre e ingiustamente
dileggiata “casalinga di Voghera”: si va dall’astrofisica al cinema, dalla
letteratura -anche inglese- alla storia dell’arte, dalla musica alla
geopolitica, dalla criminologia alla storia dei profumi. Ed è proprio l’ultima
materia che fa immaginare all’ignaro cittadino ciò che noi già sappiamo, ovvero
che il menù viene pensato e allestito da un gruppo organizzativo “rigorosamente
rosa”. Leggere i titoli dei singoli appuntamenti dà quasi il capogiro, perché
di circoli sociali, di università della terza età, di club culturali ne
esistono molti. Ma non è semplice trovare insieme Philip Dick e il “reggimento
della città di Firenze di Gerolamo Savonarola”, gli animali e le dune del fiume
Zambesi e i grandi profumieri del novecento, la vivisezione, le analisi del Dna
“in ambito forense” e “le fiabe in musica” come la Turandot di Giacomo Puccini.
Un carosello di incontri, di relatori, di scorci di cultura raffinata offerti
non agli abitanti della metropoli scoppiettante di teatri, di cinema e di
librerie ma agli abitanti di una cittadina industriale, nota per i suoi
stabilimenti caseari, che non arriva ai ventimila abitanti. Con un merito aggiuntivo
che va pur segnalato: valorizzare una buona pattuglia di intellettuali locali,
quelli che spendono i loro stipendi in libri e riviste e che a volte sanno su
una singola materia più di un professore universitario.
“Ma abbiamo anche relatori di fama nazionale”, si inorgoglisce Elisa Aldini, “specie negli incontri aperti che organizziamo al di fuori dei corsi. Sono venuti accademici affermati, oppure il giudice Armando Spataro o Nicola Gardini, che lo scorso anno ha vinto il premio Viareggio. Il pubblico è adulto, ma in certi incontri lei trova tranquillamente anche lo studente che prende appunti per la sua prova di maturità o per la sua tesi di laurea. Se stiamo scontando le difficoltà della crisi? Purtroppo sì. Dicono che si deve tagliare, ridimensionare. Eppure pensi che questa offerta, tutti questi corsi che vede lei, costa all’incirca novemila euro. Noi non prendiamo nulla, le sette signore fanno anche i volantini e li mandano in giro, e fanno il tam tam fino a un’ora prima dell’inizio, per puro amore di cultura. Anzi, noi i soldi non li vediamo proprio, perché non ci siamo nemmeno costituite in associazione. I ricavi delle tessere vanno direttamente al comune, che ci ha messo sotto l’ombrello organizzativo del teatro Trivulzio. E poi sempre il comune paga direttamente il piccolo gettone agli ospiti. A noi il piacere dei contatti, di vedere personaggi che pensi ‘chissà questo quando mi risponde’ e che invece ti danno la disponibilità; la soddisfazione di farci tramite di cultura per loro e per i cittadini di Melzo. A noi la gioia di vedere la sala che si riempie e di due ore di parole che non sentiremmo in televisione. Per capire meglio il mondo e la sua storia. E il futuro che ci aspetta”. Ma davvero anche questo si deve tagliare?
Nando
Next ArticleGrasso e la medaglia a B. Ovvero quando si gioca a Montecchi e Capuleti.