Rifugiati politici

 

Vedete un po’ quel che avevo scritto nel post precedente. Non
ci voleva molto a cogliere l’ennesimo suicidio delle aristocrazie che si stava
consumando. E’ una legge ferrea, quella di Pareto. Su cui si soffermò magnificamente
anche Tocqueville, quando affermò che le vere ragioni della Rivoluzione
francese stavano nel declino e nella sordità della corte di Versailles. Bisogna
semmai aggiungere due cose: che si è andati oltre ogni immaginazione, perché la
realtà è una bestia fantastica, e anche per questo preferisco scrivere storie
vere piuttosto che cimentarmi con le fiction; che questa aristocrazia ha in
effetti molto di plebeo, nella cultura e nel linguaggio.
C’è però una cosa che mi preoccupa, soprattutto: perché non hanno voluto
Rodotà? Davvero gente villana, superba e che non risponde al telefono (se non ai
più potenti e alle attricette), che fa saltare gli appuntamenti senza preavviso,
che non sa avere un gesto di garbo verso il comune cittadino, un parlamento
dove (come notò subito Carofiglio entrandoci) nemmeno ci si scambia un cenno di
cortesia incontrandosi all’inizio della giornata, può avere rifiutato Rodotà
per una questione di galateo? Perché Rodotà non ha telefonato a questo o a
quello? Ridicolo. Non ci credo, non ci crederò mai. Io penso purtroppo che
abbiano avuto paura di Rodotà. Perché,
al di là dei vecchi rancori con D’Alema che lo accusò di fare “la bella f…”,
hanno temuto un presidente non avvezzo al primato degli equilibri politici,
irriducibile alle ragioni della politica “condivisa” (già, è lei ormai la
parola pestifera). Ma la domanda continua, accidenti: perché ne hanno avuto paura? Che cosa c’è sotto che non sappiamo,
che cosa c’è da contenere, sopire, controllare politicamente? Il silenzio del Pd su questo tema è drammatico. E le
“spiegazioni”, quando vengono date, sono ancora più drammatiche. Non suoni
questo offensivo per il presidente rieletto. Ma gettarsi nel suo grembo
nobilitante è stato un atto da rifugiati politici. Altro che sbandierarlo,
altro che parlare di scatto d’orgoglio della politica (ma ci siete o ci fate?).
E’ stato un atto da fuggiaschi incapaci di guardare in faccia il nuovo paese e
i suoi problemi, da relitti che si chiudono nello stanzino sperando che la
Storia lo apra il più tardi possibile. E davvero Enrico Letta, dopo la disfatta
della segreteria Pd, può pensare di diventare capo del governo? Con tutto il
rispetto: per disfare anche l’Italia?
Urge continuare, ricostruire. Ieri sera a Ledro, in Trentino, grande
partecipazione (sabato sera…) per parlare di legalità, proprio quella che i
rifugiati temono in massimo grado. E intanto abbiamo consegnato la nuova relazione
del Comitato antimafia a Pisapia. Non c’è più Umberto Ambrosoli, passato in
Consiglio regionale, ma è arrivata a sostituirlo un’ottima studiosa, Ombretta
Ingrascì. Saprete a tempo debito (ma tra non molto) i contenuti…

 

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