Franca e le donne in rosso

 

La Franca…Ho chiuso con don Gallo e riprendo con Franca
Rame. Accidenti agli impegni che mi tolgono anche il gusto dei venti-venticinque
minuti di blog quotidiano. Accidenti agli anni che si portano via i simboli di
battaglie comuni. Ho notato questo. Che quando vai sulla rete per prenderti la
posta elettronica e vedi che al primo posto delle persone più cliccate non ci
sono una squinzia, un calciatore, un cantante, ma c’è una persona che ha fatto
in vita sua cose difficili e civili, è perché è morta. La gente la riscopre e
ne vuol sapere qualcosa perché è morta. Che malinconia…E infatti quando ho
visto “Franca Rame” in cima ai “top ten” mi è passato un brivido per la
schiena. Non sarà mica morta, santo cielo? Era così, purtroppo. E ho capito con
dolore perché non aveva risposto a un sms che le avevo mandato pochi giorni
prima per complimentarmi con lei per una bella e dignitosissima intervista sul “Fatto”
sulla sua esperienza parlamentare (rivedetela: ci trovate il senso più alto degli
ultimi anni della coppia Fo-Rame).
La Franca…Ieri era bello vedere ai funerali quella moltitudine di donne con
golf, sciarpe, maglioni, giacche, giubbotti rossi. Quando ho visto la distesa
colorata ho pensato: anche la biondina si sarà messa qualcosa di rosso addosso.
E così era. Un modo di praticare la solidarietà femminile, di più, la gratitudine
femminile, nuovo, originale, che poteva sgorgare solo dal desiderio di un’artista.
Di un’artista che non si è mai risparmiata, di generosità indescrivibile, e che
solo negli ultimi anni aveva iniziato a opporre agli inviti, e nemmeno sempre,
la fatica, la difficoltà fisica. A Dario che l’ha avuta compagna adorata, a
Jacopo, che ne ha preso la generosità, l’abbraccio di questo blog e (immagino)
dei suoi visitatori più affezionati.
Ai quali devo raccontare un “segreto”. Che proprio a Franca Rame devo la mia (abbastanza
nota) avversione per gli incontri sulla mafia costruiti sui grandi o
grandissimi numeri studenteschi (“venga, ci saranno almeno duemila studenti”, “appunto,
no grazie”). Successe a Bologna nel 1986, incontro al Palasport con dodicimila
studenti, capienza esaurita. Una bolgia, anche se faceva la sua figura davanti
alle televisioni. C’era anche Franca Rame, che era anzi l’unico ospite che non
avesse a che fare per ragioni personali
e professionali con la lotta alla mafia. Allora non ce n’erano molti disposti a
venire. Provò a leggere una poesia. Era tale il chiasso che a un certo punto
dovette smettere. E io mi chiesi con scoramento quale significato avesse il
nostro ritrovarsi con quei numeri se poi nemmeno un’attrice da combattimento
come Franca riusciva a dare un senso al parlare con quelle masse vocianti.
Grazie a lei anche per quell’umiliazione subita in nome della lotta alla mafia.

 

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