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Marco, il pianista prodigio. La pornografia e l’Italia delle belle arti
Il Fatto Quotidiano, 23.6.13
Il chiostro perfetto di armonie è immerso ormai nel
refrigerio dell’ombra. Dentro pullula un pubblico variopinto e appassionato.
Ingresso gratis, nessun posto a sedere. Napoli. L’attesa è tutta per lui, il
Pianista. Che appena compare sul palco viene acclamato come una star. Il tifo è
genuino, l’ammirazione contagiosa. L’auditorium a due piani del San Pietro a
Majella, uno dei conservatori più carichi di storia di tutta Europa, ha occhi
solo per lui e ne attende l’esibizione quasi con ansia. Il direttore
d’orchestra, almeno un metro di statura in più, lo affianca e gli leva un
braccio verso l’alto in segno di augurio; lui ricambia con gesti taciti di
deferenza. Più tardi si sistema al centro della scena, circondato
dall’orchestra. Manda avanti e indietro nervosamente le gambe, si accomoda e
riaccomoda sullo sgabello misurando le distanze dai pedali, lo sguardo fisso
sul direttore. Tiene impaziente le mani sulle ginocchia, come uno scolaretto
prima dell’interrogazione. Infine si immette nella sinfonia. Prima a piccoli
tocchi, con ritmo timido, quasi avaro; poi sciogliendo Mozart tra le dita con
una naturalezza e una sovrapposizione di suoni da lasciare a bocca aperta. Un
prodigio ne guida le mani incantando l’auditorium, ripetendosi più volte, per
tutto il concerto n.12. Fino all’imbrunire. Fino all’esplosione del pubblico. Che
travolge l’orchestra, il suo direttore, e il Pianista più di tutti. Il quale
avanza ora verso il bordo del palco chiamato dagli applausi e incoraggiato,
anzi sospinto dal direttore. Si china in avanti ma lo fa con imbarazzo, si direbbe
maldestramente, flettendosi poco e di sghimbescio, come non l’avesse mai fatto,
con la camicia bianca che gli aderisce al torace magro, un tempo si sarebbe
detto da militesente. Stupito del fragore, non sa se inchinarsi di nuovo, né
quali gesti sia più conveniente fare dopo il primo.
Nonostante il tripudio il pubblico non si leva però in piedi, non gli decreta
la standing ovation di questi casi. E
per una nobile ragione. I presenti se lo confesseranno di bocca in bocca all’uscita.
Meglio non guastarlo, il Pianista; gli onori dei trionfi sono pericolosi alla
sua età. Già, perché le mani che hanno sciolto Mozart nel respiro del
Conservatorio che ebbe Wagner come ospite, sono di un bambino di tredici anni
appena fatti, l’apparecchio per i denti che spunta sotto il sorriso. Il suo
nome è Marco, Marco Stallone, come annuncia il programma di sala. Nel paese che
manda i bimbi in tivù a scimmiottare penosamente cantanti e ballerine, ecco a
voi uno che se potesse non starebbe un secondo in piedi sulla scena. E’
l’anti-plebeo, l’antipornografia, è il nostro futuro civile possibile che si
materializza nei venerdì musicali offerti gratuitamente dal conservatorio al
pubblico, in questa splendida invenzione che è la Maratona Mozart del mese di giugno.
Fuori intanto iniziano a sciamare verso piazza Bellini i giovani napoletani,
pronti a dar vita a una grandiosa movida, allegra e affatto rissaiola, tra
locali che sprizzano musica e amicizia.
E’ il cuore di una città che va sulla stampa per la spazzatura e per Scampia,
per gli arresti di trafficanti e per la corruzione. E che però alleva artisti
prodigio di cui nessuno parla, formati silenziosamente in grandi scuole a cui
si tagliano fondi all’impazzata perché “con la cultura non si mangia”,
applauditi da pubblici che si fanno scrupolo di non nuocere al loro equilibrio
psicologico. A cento metri di distanza, solo pochi minuti prima, si è conclusa
la seconda giornata di un convegno nazionale di tre giorni sul patrimonio
invisibile delle accademie, titolo “Patrimoni da svelare per le arti del
futuro”. L’ha organizzato l’accademia di belle arti di Napoli, una delle più
avanzate d’Italia, mettendo in fila, nel suo elegante teatro “Antonio
Niccolini”, relazioni di erudizione e cultura lunari. L’idea era di spiegare a
un Palazzo che pensa a tutt’altro il valore inestimabile dei patrimoni
custoditi dalle nostre istituzioni culturali e artistiche, da Brera agli Uffizi,
dagli archivi alla biblioteche. Di raccontare il patrimonio invisibile del
paese a un paese che ha fatto della visibilità e della comunicazione la sua
dottrina. Proprio da lì i relatori, venuti da ogni parte d’Italia, si sono poi
trasferiti al San Pietro a Majella per assistere al concerto e scoprire una
volta di più i prodigi di un sistema che costa (in tutto) quanto un pugno di
chilometri d’autostrada. L’Accademia, il Conservatorio. Via Costantinopoli,
piazza Bellini, via San Pietro a Majella. Cento metri di cultura, di gioventù,
di arte, di librerie, di negozi di strumenti musicali. Un fantastico distretto
d’arte naturale, già pronto, la chiave di volta per rovesciare Napoli, e che
qualsiasi altra nazione progredita trasformerebbe in gioiello del mondo.
Grandi storie collettive, nutrite da tante individualità che nei talk show non vedrete mai. Dal piccolo Marco che suona Mozart come un dio a Francesco Vizioli che tiene il corso per direttori d’orchestra, da Giovanna Cassese, la direttrice dell’Accademia, detta la zarina per il piglio asburgico con cui dirige un’istituzione napoletana, a Gabriella Spizzuoco, che dell’Accademia cura la straordinaria biblioteca ‘Anna Caputi’.
Ma di che diavolo parliamo ogni giorno? Senz’altro poco di camorra, occorre dire, c’è voluto Saviano per alzare un po’ i toni. Ma poco, ancor meno, di ciò che vale davvero nel nostro paese e può cambiarne i destini. Rivedi l’inchino di Marco il Pianista e pensi che forse più che per la Merkel il nostro futuro passa per le nostre teste. O no?
Nando
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