Antropologie da laureandi. Gli F35 e la Costituzione. E altro ancora

C’è chi si lancia dal Duomo e c’è chi si lancia in sempre nuove avventure accademiche. Cari blogghisti, a voi la comunicazione: in autunno nascerà presso il Dipartimento di scienze sociali e politiche dell’università statale di Milano un grandioso osservatorio sulla criminalità organizzata. Di più non vi dico: tutto è top secret anche se la Casa Bianca è al lavoro per carpire ogni dettaglio, in Borsa stanno con il fiato sospeso e anche il Copasir ha le sue fibrillazioni. La struttura nascerà e aggiungerà un pezzo importante al percorso che il vostro Anfitrione ha fatto per dare finalmente al paese una vera scuola su questi temi (qualche studente o dirigente aziendale direbbe “queste problematiche”).
Finite le tesi di laurea.In questa sessione ne ho portate come relatore ventidue. C’è una splendida antropologia da tesi di laurea e qualcuno dovrebbe pur studiarla. Le scarpe delle studentesse, per esempio; o i vestiti da discoteca; o i nonni (bellissimi), ma anche i figli (altrettanto), o fidanzate e fidanzati. O gli amici deficienti. O, nel pubblico, i visi spiccicati di chi si laurea, con trent’anni in più (ma a volte anche meno): sono i papà e le mamme, sicché tu vedi in anticipo come diventerà il laureando o la laureanda. O i pianti di gioia. Poi c’è il mistero dei misteri: come faccia uno che ha presentato una tesi impegnativa e ha scalato i pendii faticosi della scienza a uscire, dopo la proclamazione, per sentirsi cantare da un gruppo di amici il celebre e demenziale “dottore, dottore, dottore del buco ecc”. Insondabile, poi dici le ambivalenze umane.
Ambivalenti sono gli avvocati. Che frenano le riforme sacrosante della giustizia (sissignori, confermo per esperienza parlamentare: guai se rendete il processo più veloce e soprattutto se mettete barriere al ricorso in Cassazione) ma si offendono se glielo dite. E ambivalente il Quirinale in questo momento. Di qua custodisce la Costituzione di là la cambia, e mica poco. Sarò sincero. A me questa storia degli F35, ossia che il parlamento non sia abilitato a dire come spendere i soldi pubblici (nel caso: molti soldi pubblici) sembra una bestemmia costituzionale. I programmi di “ammodernamento” di qualsiasi struttura dello Stato rispondono a logiche che sono di indirizzo politico. E nel decidere questo indirizzo il governo è controllato dal parlamento, ci mancherebbe pure. Se no ogni struttura (forze armate, polizia, università ecc.) si fissa le sue brave spese “improrogabili” e poi le impone al paese, dove intanto, per mancanza di soldi, aumenta la povertà e va a remengo il patrimonio storico e artistico. Ma siamo matti? E i parlamentari dove sono, che dicono? Che mediocrità, amici miei…
Un paese “vertical”, fra l’altro, scatterebbe in piedi leggendo la notizia del diciannovenne che si suicida per avere perso i risparmi dei genitori al gioco e modificherebbe in una settimana tutte le norme criminali che un parlamento criminogeno ha prodotto sul gioco d’azzardo. Ma su questo torneremo.


 

 

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