Ligresti e l’orango. E quella copertina di Società Civile…

 

E così Salvatore Ligresti è finito agli arresti domiciliari.
E agli arresti in carcere sono andate le figlie. Io non so nulla del caso
specifico e non voglio entrare nel merito delle accuse. So solo che Ligresti è
stato il simbolo del potere immobiliare che spadroneggiava a Milano, nella
Milano da bere e riformista. E oggi con sommo orgoglio voglio qui ricordare la
copertina del primo numero di Società Civile che andò in edicola, nel dicembre
1986. Il titolo era “Sottogovernare Milano” e sulla copertina era sbattuta a
piena pagina la faccia di Ligresti, vestito da Palazzo Marino. Un’idea geniale
di Gianni Barbacetto, e un’analisi sua e mia (ah, che coppia!) su chi stesse
impadronendosi della vita cittadina. E poi la ricostruzione (improba) dell’origine
delle sue fortune e della sua ascesa. Fu quella copertina a segnarci da subito
come gli estremisti, i qualunquisti, ecc., perché Milano allora era governata
dalle sinistre e Ligresti dava soldi a tutti, compreso il mensile dei
cosiddetti “miglioristi” milanesi. Come mi ha ricordato l’allora giovanissimo
redattore Paolo Bertaccini, quel numero venne presentato di sera nel teatro di
Krizia (dunque eravamo anche radicalchic…) facendo i salti mortali per rifare
il numero daccapo con il colore verde perché lo avevano stampato con un
terribile azzurro-parrocchia.
Ripeto la data: 1986. Poi negli anni di Tangentopoli parve arrivare la fine del
gruppo. Ma Paternò è Paternò anche a
Milano, e Ligresti da Paternò aveva i suoi protettori politici. Brutta cosa
quando si forma una coscienza civile su certi fenomeni e personaggi e la
giustizia non ti aiuta…Anche perché la politica poi ci mette sempre del suo…
Per questo saluto con letizia garrula l’approvazione del 416 ter sul voto di
scambio mafioso, finalmente esteso ai casi in cui non ci sia una diretta
consegna di denaro, che sono un’infima percentuale. Ma so anche che l’unanimità
a favore (per ora solo alla Camera) nasce dalla necessità di riscattare lo
stato di vergogna in cui è ancora più precipitata la nostra politica. Dall’indecenza
di uno Stato democratico che per vie non ufficiali, ma in forza di asservimenti
personali, fa i lavori sporchi per una dittatura oscena. Fino alla frase
nauseabonda di Calderoli (bellissima la battuta sul “Fatto”: ‘Quando vedo la
Kienge penso a un orango’. E fu subito amore).
Buona giornata a tutti. Soprattutto alla gloriosa redazione di “Società civile”!

 

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