Asinara passo e chiudo. Cronache siciliane

 

Signori si cambia. Niente più Asinara. Sulle ali dell’entusiasmo
mi ero ripromesso di scrivere una decina di post, uno in fila all’altro, sull’invincibile
settimana, ma il tempo è tiranno (anche se in agosto volge al tiranno
illuminato) e più di tanto non ce l’ho fatta a scrivere. A pensare a una cosa
sola si rischia poi, come giustamente ha fatto notare Robinho, di perdere di
vista anniversari che hanno segnato la nostra vita: Rocco Chinnici, Gaetano
Costa, Beppe Montana, Ninni Cassarà e Roberto Antiochia. Ora, fra l’altro, sono
in un borgo marinaro dell’ultimo lembo sud di Sicilia. E i sensi hanno cambiato
registro. Qui Zingaretti gira Montalbano, proprio perché sembra d’essere in un
luogo d’altri tempi, quelli della letteratura più che della realtà. Spiaggia buona
con chioschi, baracchini deliziosi di giocattoli per bimbi (ma anche telefonini,
mannaggia…), bar senza pretese con arancini e cannoli magnifici. E pure granite
di gelso, tie’. Quando me ne sarò andato vi dirò il nome del paese. Per ora
posso dirvi che la sua semplicità mi incanta. A pranzo, ai bagni, ho preso
frittura mista e birra perché mi sono ricordato le foto del grande Armando
Picchi che mangiava le fritture a pranzo ai bagni livornesi. Quando le vidi,
una quindicina d’anni fa, mentre scrivevo “Capitano, mio capitano”, pensai con
malinconia che ormai quel tipo di abitudini non esisteva più nelle contrade marinare
d’Italia. Finché oggi, con somma felicità, sono stato smentito.
Non posso però lasciare l’Asinara senza ricordare il tormentone del “è il
meglio che ho”, che ripetevo a ogni autorità locale per spiegare chi fossero i
laureati e studenti riuniti a me d’intorno in veste di capotribù. Per dire,
cioè, che quei venti giovanotti e giovanottine erano sapienza distillata allo
stato puro. “E’ il meglio che ho” è quel che ho ripetuto anche al direttore
dell’Ente Parco mentre ci imbarcavamo per il ritorno; e in quel preciso istante
quei satanassi si sono messi a intonare in gruppo “Heidi”. Come non detto, ho
mormorato. Né posso evitare di ricordare il riflesso condizionato delle
signorine ospiti del fuori strada che ci conduceva a visitare le bellezze del
luogo. Spunta la capretta? “Che cariiina!”. Spunta il cinghialetto? “Che
cariiino!”. Spunta il cavallino più piccolo che abbia mai visto, una specie di
neonato? “Che cariiiiiino!!”. Ecco il mufloncino? “Che cariiino!”. E l’asinello
bianco cucciolo? Lo stesso. Fatevi un viaggio di due ore sentendovi dire ogni
minuto “che cariiino!” e qualche domanda sulla vita ve la fate, garantito.
Con questo, passo e chiudo. La biondina contesta l’idea della irripetibilità
dell’esperienza. Io penso invece che le cose stupende non si ritentano. E’ una
bella disputa filosofica. Quasi come quella di B. sui suoi diritti.
Solidarietà, a proposito, al giudice Esposito. Terremo conto della sua (e di
altre assurde vicende che vedo sulla stampa) nel nostro laboratorio prossimo di
giornalismo antimafioso. Da questo borgo che sa di anni sessanta è tutto. Anzi
no: auguri a Rita sorella ottima per la nuova avventura; auguri alla minore dei
Gracchi per il primo film (“Arance e martello” su un circolo Pd di Roma,
regista Zoro) che la vede aiutoregista. Forza Dora!

 

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