Mattea, trionfo a New Orleans (ma il jazz non c’entra)

 

Il Fatto Quotidiano, 25.8.13

Avreste mai consigliato a vostra figlia o a una
vostra amica di cercar fortuna a New Orleans, patria del jazz, cantando musica rinascimentale e barocca? No?
Errore. Perché la protagonista della nostra storia ha fatto esattamente questa
follia. E’ andata a vendere le polifonie rinascimentali dove brillano i
sassofoni. Ed è stato un trionfo. In dieci mesi ha rovesciato una storia che
sembrava destinata a ripetere le esistenze magre e grame di generazioni di
giovani musicisti.
Mattea Musso, tipico viso meridionale, nipote d’arte (suo nonno fu un grande
critico), viene da una famiglia borghese di Modica. Padre medico, madre
biologa, ha preso il largo molto giovane. Università a Firenze, lettere e
filosofia con indirizzo di musica e spettacolo. Perché la musica è la sua
passione. Aveva incominciato a suonare il pianoforte classico a cinque anni, si
era iscritta alla scuola di musica a otto, aveva tenuto concerti vincendo premi
nazionali da bambina e da ragazza, fino al diploma al conservatorio di
Caltanissetta. Se vi dovesse spiegare perché ha scelto la musica rinascimentale
vi porterebbe in un giardino di emozioni praticamente proibito al comune
mortale: “è una musica stupenda che segna una differenza abissale rispetto alle
altre”, dice sognante, “ha la capacità di condurti ovunque senza che tu lo
chieda. Bisogna capirne i colori…Vede, la musica rinascimentale così come la
primo-barocca, parte dal tavolino di scrittura e dalle architetture
michelangiolesche ma arriva come una saetta alla pancia e al cuore”. Non
pensiate che reciti, sono parole vere.
Tanto che in nome di questa musica decide di sottoporsi a sempre nuovi
tirocinii, “ma se non fossi stata benestante non avrei potuto, chi è povero non
ha diritto di suonare a lungo”. Si iscrive al conservatorio di Siena, dove si
laurea in pianoforte col maestro Hector Moreno. Si specializza al conservatorio di Firenze come “maestro collaboratore
al pianoforte per il teatro d’opera”. Decide di fare del canto della musica
rinascimentale e barocca la sua professione, anche se il padre la avverte,
guarda che sta diventando tutto sempre più precario. Tenta perciò di entrare a
canto lirico al conservatorio, “anche se sapevo di essere ormai grandetta”. Ci
riesce. Quindi inizia l’attività concertistica. Che va bene, benissimo,
successi in serie. Con il suo repertorio. Ma sempre con quella terribile
etichetta appiccicata su tanta cultura in Italia: gratis. O quasi. Mattea sembra
votata alla ennesima carriera di precaria: “insegno a casa, insegno per una
cooperativa di corsi pomeridiani per bambini alla scuola elementare, insegno
come educatore musicale negli asili pubblici, e arrotondo (di molto) per
fortuna come hostess per un’agenzia di turismo per statunitensi, a Firenze”.
Un giorno arriva il (meritato) colpo di fortuna. In un concerto di musica
corale polifonica del rinascimento a Firenze la dirige il maestro Peter
Phillips, che insiste perché faccia delle audizioni a Londra e le chiede
stupito come mai insegni, che bisogno ne abbia. “Mi sentii svenire. Così nel febbraio
del 2012 sono partita per Londra”. Qui miete consensi e trova la speranza concreta
di lavorare. Ma ecco il nuovo colpo di scena. Il marito di Mattea, Federico, argentino
conosciuto a Firenze quando lui faceva il dottorato all’Istituto universitario
europeo, vince una borsa alla Tulane University di New Orleans.

 

Cambio di continente. Subito Mattea vede gente e fa cose: semina annunci dappertutto e inizia a insegnare a casa. Partecipa a delle produzioni. Finché si mette in proprio con un liutista locale e professore alla Loyola University, Stuart Le Blanc. La città del blues, del dixieland e del jazz apre le porte alla nuova ventata rinascimentale e barocca. I due si esibiscono alla Trinity Episcopal Church, uno dei più importanti scenari della musica classica in città. Successo. Poi l’incontro decisivo: Dave Hulbert, il proprietario della Marigny Opera House, un’ antica, bellissima chiesa quasi rasa al suolo dall’uragano Betzy del 1965 e da lui ricostruita e trasformata in Chiesa delle Arti della Città. “Gli dico chi sono e cosa faccio. Lui cercava proprio in quel momento chi si occupasse di creargli la stagione barocca. Dunque faccio progetti con lui e continuo a suonare con Stuart le Blanc il nostro ‘Lagrime d’Amore’, un concerto di musica francese e italiana di fine cinquecento -inizio seicento. Alla Marigny facciamo il tutto esaurito, tanti ventenni e trentenni nel pubblico e la gente in piedi ad applaudire in una città in cui il barocco quasi non esisteva… Uno spettacolo indimenticabile. Ora per la Marigny Opera House sono direttore vocale della stagione barocca autunno -inverno-primavera 2013-2014 che vedrà l’esecuzione integrale del Vespro della Beata Vergine di Monteverdi, diretto dal grandissimo Francis Scully. Come mi sento? Sono diventata un vulcano di idee perché non mi è sembrato vero di avere tutto questo spazio così d’improvviso. Sto scrivendo anche uno spettacolo di tango…Non so dove sarò fra due anni. Ma quello che so è che per la prima volta nei miei trentatré anni di vita posso campare di sola musica”. Già: a New Orleans, con la musica di Monteverdi.

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