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Calcio in notturna con barba da naufrago
Casa dolce casa. E così ci siamo tornati. Pronti a
riprendere il consueto carosello. Ma ho varcato la porta con una novità
estetica: la più lunga barba che mi sia fatto crescere nella mia non più tenera
vita. Dieci giorni, causa un’irritazione da lametta sul lato destro della
faccia. Agli inizi un po’ mi vergognavo, guarda un po’ dove arriva il senso
delle istituzioni. Poi ho incominciato a fare quello con la barba rude,
raccogliendo giudizi disparati, dallo “stai bene” al “sembri un naufrago”. Oggi
foto d’eccezione della biondina (che sta diventando una grande fotografa) per
immortalarmi nella rarissima condizione. Domattina, inteso come lunedì mattina,
rasatura obbligatoria in vista della partenza per Palermo. Ma non è detto che
non ci riprovi.
Ieri sera invece cena di festeggiamento del compleanno di mia sorella Rita,
testé passata a La7. E lì ho sperimentato per l’ennesima volta un principio che
vado predicando senza incertezze: le cose più divertenti sono quelle che non
vengono programmate. E così, dopo la grande nottata fino all’alba dell’Asinara,
ho avuto la seconda dimostrazione in un mese. Cena di festa, certo. In un
ristorante di piazza Caprera, una piazza deliziosa, rotonda, con grande fontana
senz’acqua e case liberty tutte intorno, alle spalle del Giulio Cesare, mia amatissima
scuola ginnasiale. Senonché all’una, al momento della smobilitazione, è
spuntata l’idea galeotta: ci vorrebbe un pallone, dai, perché non giochiamo a
pallone? La faccio breve. La palla l’aveva in macchina Alberto, il figlio
minore di mia sorella Simona. Da quell’attimo la piazza è stata nostra, con i
ragazzi del quartiere riuniti intorno alla fontana che ci osservavano
benevolenti e divertiti. In campo io, i due figli di Simona (Giuseppe e
Alberto) e suo marito Carlo, il genero di Rita, Massimo, più Fabrizio Frizzi (in
formissima) e Gianni Togni. Non c’era il mio Gracco, peccato, perché alza
sempre il tono del divertimento collettivo. Ci affiancava un passante che
diceva “abito qui, quando venite da queste parti chiamatemi”. E’ durata un’ora,
proprio come da ragazzi nelle piazze notturne deserte. Magnifico, anzi di più.
Palleggi eleganti (e vi pare che vi dico un’altra cosa?) e poi il gioco
supremo: colpire un paletto bianco a distanza. Chi lo prende per primo vince.
Dopo mezz’ora non ha vinto nessuno. Sventole di destro, di sinistro, tiri
lenti, di punta, a effetto, ho provato pure il “cucchiaio”. Abbiamo colpito di
tutto, ma il paletto no, qualche volta l’abbiamo sfiorato. Contemporaneamente
ci divertivamo a immaginare a chi avremmo dato la colpa se fossero arrivati i
carabinieri. Che altra cosa andarsene a letto dopo avere giocato a pallone…
Poi, tra stamattina e il treno, mi aspettava un saggio sullo stato del paese di
fronte alla mafia per un libro a più mani sulle ragioni di indignazione degli
italiani. Finito poco fa. E c’è pure la parte costruttiva, non sia mai che possano dire che non ci sono
le proposte… Be’, amici blogghisti, come avevo previsto è arrivato settembre… Godiamocelo ché non è un brutto mese (ci ha
le luci settembrine, vero mio Robertoli?)
Nando
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