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Follie milanesi (sul Fatto Quotidiano dell’8 settembre; dimenticato, effetto Summer School…)
“Dio è morto. Marx è morto. E anch’io non mi sento tanto
bene”, diceva un irresistibile Woody Allen. E tanto bene non deve stare nemmeno
l’amministrazione comunale di Corbetta, cittadina di diciottomila abitanti alle
porte di Milano. Almeno a giudicare dai progetti urbanistici che persegue, in
apparenza una sfida giuliva al buon senso. Per contrastarli è nato in febbraio un
comitato che è andato al sodo anche nel nome e si è chiamato “Sì al bosco
urbano. Basta centri commerciali”. Ma andiamo con ordine. C’è a Corbetta uno
stadio di calcio un po’ malandato, che abbisogna di robuste manutenzioni. Un
costo spropositato, si dice, per una squadra che non gareggia certo in Champions
League. Lo stadio ha un pregio: sta in una zona centrale della città. Da qui
l’idea di mettere al suo posto due palazzine. Chi si aggiudicherà l’area dovrà
costruire però altrove un nuovo, grande centro sportivo. Le stranezze sono già
due: a) tirar su nuovi palazzi in una città che brilla per il numero di alloggi
invenduti; b) fare un grande centro sportivo quando lo sport locale veleggia ai
piani bassi delle discipline più seguite. Ma la terza stranezza è la più
strabiliante: il nuovo e grande e moderno centro sportivo sarà realizzato
sfondando uno dei vanti di Corbetta: un’area di cinque ettari destinata solo
dodici anni fa, con tanto di finanziamenti pubblici, a bosco urbano, un vero e
proprio prodigio ecologico con centinaia di essenze autoctone. Migliaia di
abitanti si sono infuriati. Perché qui non ci sono grandi progetti a cui
sacrificare qualcosa, di certo non “ce lo chiede l’Europa”, e anzi sarebbe
interessante sapere chi lo chiede o lo vuole.
Alcune decine di cittadini hanno dunque dato vita al comitato. Raccogliendo
tremila firme e attuando in maggio la
prima grande forma di protesta pacifica: un’invasione del bosco con le famiglie
per un pic nic dimostrativo. Tra loro c’è Alessandro Maggioni, dirigente del
movimento cooperativo delle Acli, già assessore al traffico, e che su Corbetta
e sul suo sviluppo ha fatto la tesi di laurea in urbanistica. Nei suoi occhi
brilla forse più l’incredulità dell’indignazione. “Ma lo sa che cosa vuole dire
il nome Corbetta? Viene dal celtico, io in questo -solo in questo, mi
raccomando- sono un po’ leghista: Cur-beth, ovvero casa nei boschi. Ma ci
vogliono togliere la poesia del bosco? Sono piante tutte progettate, è un vero monumento
naturalistico”. Con lui animano il comitato, tra gli altri, Luigina Milanese, combattiva
consigliera di Rifondazione comunista, Gaetano Olchini, pensionato ma
attivissimo nell’impegno civile, e il veterinario Alessandro Grittini. E Paola
e Patrizia Grittini (solo omonime del veterinario) e Silvana Lai, tutte e tre
commercianti. La nutrita presenza dei commercianti nel comitato si spiega
subito.
Perché l’altro progetto urbanistico che evoca il soliloquio di Woody Allen è quello che punta a trasformare un’ampia area destinata a funzioni pubbliche nell’ennesimo centro commerciale. “Non food”, per essere precisi. Attenzione. A 700 metri, nella confinante Vittuone, c’è già un enorme centro commerciale Iper; a Corbetta, a 1500 metri dal luogo prescelto, ci sono in più una Esselunga e un Carrefour, e solo nell’ultimo anno e mezzo tra Sedriano e Settimo Milanese (tutti comuni contigui) sono stati aperti altri due centri commerciali Bennet. Una caterva di centri commerciali in tempi di crisi dei consumi.
Ammettiamolo, è tutto molto strano, anche se purtroppo la storia recente della provincia di Milano ha dato da pensare alla magistratura proprio per la stranezza di certe scelte urbanistiche. Per questo i cittadini del comitato stanno in campana. “Al consiglio comunale aperto che ha discusso di queste cose”, dice con orgoglio Maggioni, “sono venute centocinquanta persone senza che avessimo fatto nemmeno un volantino”. E questo a dispetto del fatto che verso chi protesta tiri un’aria non precisamente anglosassone. Si racconta che un giovane contadino che aveva fatto un appassionato intervento in una pubblica assemblea contro la “sindrome di Allen” dell’amministrazione, si sia beccato, lui solo, un’ispezione della polizia locale al mercatino dei prodotti agricoli: duecento euro di multa e il poverino ha smesso di andarci. La comandante della polizia locale se ne è andata ad Abbiategrasso, e molti non hanno capito perché. Così come molti -una stranezza tira l’altra- non capiscono perché queste invenzioni urbanistiche si accompagnino a modifiche un po’ eccentriche degli organigrammi comunali, tanto che negli scorsi giorni i sindacati hanno mandato una preoccupata segnalazione al nuovo prefetto di Milano, Francesco Paolo Tronca. Una certezza politica comunque c’è, o meglio i membri del comitato ce l’hanno. A tirare le fila sarebbe l’assessore più potente della piccola città, Marco Ballarini. “Ha senz’altro l’aria del bravo ragazzo”, dice Maggioni. Con una storia politica un po’ monotona, però. Nel centrodestra. Dove ha avuto come riferimenti in Regione Massimo Ponzoni, Stefano Maullu, Fabio Altitonante. Tutti finiti nelle inchieste della direzione distrettuale antimafia di Milano. Alcuni di striscio. Altri, come Ponzoni, definiti “capitale sociale” dei clan. Dio salvi questo comitato.
Nando
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