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Michele, il bocconiano che si ispira a Gramsci
Il Fatto Quotidiano, 22.9.13
La grandezza della politica si chiama Michele. Bussero,
ottomila abitanti nella provincia nord-est di Milano. Qui, tra le vie tortuose
che danno sugli antichi cortili del borgo, cerca ancora di cambiare il mondo un
uomo che ha speso decenni di vita nelle file del sindacato e della sinistra. Il
suo nome è Michele Sala. Amato e rispettato dai suoi concittadini, sconosciuto
all’Italia che la politica la impara dai talk-show più villani del mondo. E chi
volete che sia questo signore dal fare modesto e dall’inflessione siciliana, figlio
di un calzolaio e di una contadina, che non sarebbe mai capace di affascinare
un salotto, e fa l’assessore a una cosa noiosa, programmazione finanziaria e
politiche tributarie, in un paese quasi introvabile sulle cartine? Michele è
nato a Salemi, il paese dei celebri cugini Salvo, i finanziatori della corrente
andreottiana in Sicilia. Quando venne a studiare alla Bocconi nel ’68, prese
subito parte al movimento studentesco. Un giorno fu anche protagonista di un
gesto estremo di rivolta. Trattenne fisicamente e chiuse in un ufficio del
pensionato universitario il rettore che voleva rompere il confronto con gli
studenti. Fu accusato di sequestro di persona. Si laureò lo stesso
brillantemente con una tesi sul macchinismo industriale.
Poi iniziò una carriera che è stata l’esatto opposto di ciò che ci si aspetta
da un bocconiano. Andò alla Banca commerciale italiana, è vero. Solo che vi si
dedicò a fare crescere la Cgil tra i bancari, e a depurare quel sindacato da
egoismi e corporativismi. Fu pure segretario della cellula aziendale del Pci, a
cui aveva aderito nel ’74. Sicché il suo destino si chiarì in poco tempo: mentre
i suoi compagni facevano carriere a volte vertiginose, lui si applicava a
un’idea del lavoro e della “classe” che aveva imparato sui “Quaderni dal
carcere” di Gramsci, “senz’altro l’opera che mi ha formato di più”. “Una decina
di anni fa mi sono incontrato con un gruppo di amici bocconiani dei tempi della
contestazione. Erano diventati tutti direttori generali, grandi commercialisti,
manager di Stato. E ho visto i loro occhi sgranarsi di meraviglia quando ho
raccontato che davo ancora i volantini all’ingresso della banca. Sembravo un
marziano”.
Fortuna che il marziano ha trovato una marziana: Silvana, bocconiana anche lei,
laureata con Mario Monti, amante di letteratura anche se ha trascorso la vita
insegnando economia aziendale nelle scuole superiori, a Milano e a Gorgonzola.
Non ha mai voluto prendere una tessera di partito ma ha condiviso le fatiche del
marito e certo non si è risparmiata nella vita pubblica. A Bussero ha dato vita
a “Libriamoci”, un’associazione per la diffusione della lettura, biblioteche e
presentazioni di autori. E ha scritto libri di poesia e di racconti civili,
salute in fabbrica e deportazioni naziste. Un giorno del 2004 Michele è stato
esodato, un anno dopo avere dovuto firmare in Banca Intesa un contratto
nazionale che prevedeva l’allontanamento di migliaia di dipendenti. “E’ stata
una vicenda che mi ha segnato. C’erano ammortizzatori e compensazioni, ma
firmare, da segretario nazionale del sindacato di azienda, un accordo che
prevede dei licenziamenti è un’esperienza che non ti fa dormire”. Eccolo così dedicarsi
anima e corpo alla vita del suo paese. Il Pci era finito, era finito anche il
Pds, ultimo partito a cui è stato iscritto. Si è presentato alle elezioni
comunali del 2004 con una lista civica “Per Bussero”, venendo eletto. Poi di
nuovo nel 2009, riottenendo la fiducia degli elettori. Nel frattempo il Pd si
andava spaccando in due: di lì i realisti dell’incontro con il centrodestra, di
qui una cittadinanza attiva che guardava con simpatia a Sel e ai movimenti. Michele,
insieme con alcuni amici (Antonio Galbiati, Valerio Marchesi…) ha lavorato
alacremente a questo incontro a sinistra. E’ stata la sua sfida. Umile e dura. Ne
è nata la lista “Per Bussero, il tuo paese” ed è stato un trionfo: otto
consiglieri su undici.
Ora fa l’assessore, in lotta con l’assenza delle risorse (“la storia dell’Imu è stata una presa in giro per tutti”). Se guardate i filmati del consiglio comunale lo vedete intervenire come un nuovo maestro Manzi che cerca di alfabetizzare gli ascoltatori, di spiegare i problemi affinché tutto sia chiaro, “lo dico per il pubblico e per chi ci segue da casa”, con gli occhialini calati sul naso che il tempo ha ingrandito sopra il viso scavato. “Però, attenzione, è bello far politica. Qui la gente ci rispetta perché siamo a contatto con i cittadini. Solo che ci dice ‘voi ci ascoltate ma poi vediamo la tivù, Ballarò, ed è tutto un litigio’. E’ incredibile, quasi ridicolo, che con tutti i problemi che abbiamo stiamo ancora qui a discutere di Berlusconi”. Guarda con orgoglio il figlio Davide, dottorato all’Istituto europeo di Fiesole e che insegna economia internazionale in una università danese. Poi parla con tenerezza di Silvana, e della sua traccia di accento piemontese. Michele e Silvana, ancora insieme. Quando si dice “un uomo, una donna”, ci si illumina di Trintignant e di Anouk Aimée. Eppure a me, da quando li ho rivisti l’ultima volta, viene bizzosamente di pensare a loro, alla bellissima modestia di questi due bocconiani che da quarant’anni si fanno compagnia cercando di cambiare il mondo. A Bussero, in provincia di Milano.
Nando
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