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Frascati. Le prof da reality
Il Fatto Quotidiano, 24.11.13
Certe volte i reality bisognerebbe farli così. Uno piazza le
telecamere su un gruppo di donne anticonformiste come queste e ci fa un
capolavoro. Emozioni vere, altro che le docce insaponate. Ma ci vorrebbe un
artista per rendere il senso di libertà dai costumi che le protagoniste comunicano
a un occhio appena curioso. Per rendere la passione dei gesti e degli sguardi.
La location, anzitutto, come si dice. E’ un albergo a quattro stelle di
Frascati. Si chiama “Hotel Villa Vecchia”. E insaporisce bene il clima. Perché
fu confiscato alla ‘ndrangheta, cosca Molé, nel 2009, durante l’operazione
“Maestro”. E’ ancora in buono stato e i dipendenti sognano di poterlo gestire
loro in cooperativa.
Ecco, si sono riunite qui in questo posto di provincia le circa cinquanta
signore e signorine. Che se ne infischiano delle convenzioni mentali, dei
bigottismi televisivi. Perciò hanno deciso di passare in libertà tutto il loro
week end. Venerdì pomeriggio compreso, a casa ci stiano i maschi. Hanno in
testa strane cose d’avventura. Si chiamano Barbara, Fabrizia, Silvia, Tiziana,
Rita , nomi familiari ma qui ognuno ha un lampo in più. Tutte del centro
Italia: Roma e Fiumicino, Jesi e Vasto, Gubbio e Colleferro, Porto San Giorgio
e Francavilla a Mare. Ma anche paesi sconosciuti ai più, come Bettona e
Casalbordino. Vogliono, ecco il mistero, far vivere il vento dell’antimafia
nella scuola italiana, dargli più slancio, perché quello che tira non basta. La
società va da un’altra parte e loro sono come De André, vanno “in direzione
ostinata e contraria” . E dunque discutono, programmano, si scambiano
esperienze. Ma è possibile che i ragazzi, gli scout, vengano a farsi i campi su
un bene confiscato in Umbria senza saperne nulla ma proprio nulla di dove sono,
arrivando come se fossero in gita turistica? Mica può essere una moda. Bisogna
spiegare, fare una formazione preventiva. Già, ma bisogna formare prima gli
amministratori. Da noi abbiamo fatto dedicare un parco a Placido Rizzotto. I
ragazzi avevano studiato con impegno. Poi all’inaugurazione il sindaco, anche
se gli avevamo dato tutto il materiale bello giusto, lo ha chiamato “Claudio”
invece di “Placido”, e lo ha ricordato come presidente della camera di
commercio invece che come segretario della camera del lavoro. Così quando siamo tornati a scuola un allievo mi ha
detto “Prof, ma che ignorante il sindaco”. Teniamo alta la speranza, perché poi i ragazzi
sono svegli, lo vediamo tutti i giorni, no? Quando siamo andati al Senato hanno
dato loro una copia della Costituzione e dietro c’era scritto il prezzo, un
euro. Un ragazzino l’ha notato subito e m’ha detto “Prof, ma se è così
importante perché la fanno pagare solo un euro?”.
Sono professoresse delle superiori, delle medie, maestre elementari. Non
insegnano solo il classico italiano e storia, ma anche matematica, inglese,
arte, informatica (“e mi chiedono: ma che
cosa c’entra l’informatica con la lotta alla mafia?”). Ripassano quel che hanno
fatto, il progetto su Angelo Vassallo, quello su Peppino Impastato. Si
raccontano le diffidenze dei colleghi, tutti d’accordo a parole, ma poi non
muovono un dito. Se racconti di Saviano e dei suoi rischi c’è chi ti chiede “Ma
a lui chi glielo ha fatto fare?”, come per dire che sono fatti suoi. Se parli
della Costituzione trovi anche i più piccolini che ti dicono “però non è
applicata”, e può essere che te lo dicano per sminuirla, questa è carta
straccia, oppure per esprimerti un desiderio, sarebbe bello se fosse applicata.
Le donne del nuovo anticonformismo parlano a lungo delle “infrastrutture” necessarie.
Non pensano agli auditorium, ai pullman, alle tecnologie che permettono di insegnare
(e imparare) meglio. Pensano alle infrastrutture culturali, quelle che servono
come il pane per dare un senso a tutto quel che si fa. Come la capacità
d’ascolto, ad esempio; o la padronanza della lingua. O anche il senso della
storia. Per questo, spiega una di loro, io ho deciso di lavorare molto sugli
anni settanta e ottanta. Si cerca il
tallone d’Achille dei progetti, se mai ce ne fosse uno solo. Poi le domande
forti, quelle che danno a tutte il senso dell’avventura. Scusate, ma forse il
nostro problema non è proprio la società in cui viviamo, con valori che si avvicinano
così pericolosamente a quelli mafiosi? La corruzione, care colleghe. Già, ma
che dovrei dire io che vengo sbeffeggiata per certi comportamenti dei leader
politici, ministri o capi del governo? Io davvero vengo presa in giro: prof, ma
ci crede solo lei in questa Costituzione. Sono arrivata al punto di dovere
giustificare il mio attaccamento al dovere. D’altronde sono bombardati da
messaggi contrastanti tutti i giorni.
Vanno avanti ore, mentre nelle stanze del potere chissà di che si parla. Appassionate, orgogliose del loro anticonformismo patentato. Nessuna di loro porta a un primo sguardo abiti firmati. Hanno addosso solo il meraviglioso decoro delle nostre professoresse e maestre, chi figlia di borghesi, chi di contadini che hanno avuto con loro il primo laureato in casa. Donne libere, donne di passione. Un artista ci vorrebbe, a riprenderle. Di quelli che non fanno ascolto solo con sesso, soldi e sangue, con il conformismo insomma. Ma un vero artista. E ne tirerebbe fuori un capolavoro.
Nando
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