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Ancora antimafia: eppur si muove (e non “mi piace”). Piccola replica a un amico
Che meraviglia ragazzi. Cielo bianco-grigio compatto sulla
città di Milano e forse su tutta la pianura padana. Però l’idea che da oggi le
giornate si riallunghino mi riempie di entusiasmo. Chi mi conosce sa che per me
il vero giorno-boa nell’anno accademico, civile, politico e solare è il 21
dicembre. Dopo il giorno più corto si riprende a guardare avanti con ottimismo.
Chi mi conosce sa anche che a questo punto mi interrogo su come architettare il
presepe dell’anno. E infatti da qualche ora penso che opterò per esporre sotto
luci scintillanti e intermittenti tutti i presepi di cui dispongo: tibetano e
peruviano, lombardo e napoletano, portoghese e colombiano, ecc., con concorso
esterno di tutti i pupazzetti più carini e significativi della magione. Chi mi
conosce sa infine, pure, che non faccio mai polemiche tanto per farle. E che quindi
se ho aperto un fronte di discussione delicato come quello indicato dal post
precedente (articolo di ieri sul “Fatto”) è perché ci ho pensato e ripensato a
lungo. Ritenendo che qualcuno dovesse prendersi alla fine la responsabilità di
farlo, rompendo un prolungato clima di assuefazione.
Commentando l’articolo (vedi il post sotto) il mio amico Riccardo Orioles, uno
dei maestri della cultura antimafia, ne prende garbatamente le distanze,
concentrandosi sulla figura di Giulio Cavalli, e ricordando che il movimento
deve essere inclusivo, passando sopra anche a stramberie e debolezze umane. L’invito
a sapere essere inclusivi mi trova assolutamente d’accordo. Caro Riccardo, abbiamo inghiottito di tutto
nel nostro correre per l’Italia. Abbiamo fatto finta di non vedere, scelto di
non irritarci o impermalirci, stretto mani improbabili, digerito torti e
mancanze di rispetto, ci siamo fatti usare, abbiamo sorriso di manie e ambizioni e
vanità; sempre nel nome dell’unità del movimento o di ciò che la gente pensava
fosse il movimento antimafia. Lo so e penso che nel complesso abbiamo fatto
bene.
Ma la questione oggi è diversa. C’è, specie nel nord, un problema di quantità
che sta diventando (hegelianamente?) di qualità, nel senso che i tanti casi “minori”
rischiano di mutare segno e identità al movimento. E in secondo luogo sta
emergendo una variegata genia di truffatori e impostori che è ben diversa dalla
popolazione un po’ folcloristica che si è sempre adagiata nel movimento. Caro
Riccardo, noi venti o trent’anni fa non vedevamo arrestare i simboli dell’antimafia
dai magistrati, giusto? E un killer pentito non si sarebbe mai immaginato di
dettar legge ed essere accolto nel movimento antimafia, giusto anche questo?
Sono questioni solite o decisamente nuove, frutto a loro volta di un clima
nuovo, e figlie -così almeno penso io- di una nostra eccessiva condiscendenza?
Io penso che continuando così la pagheremo cara, tu pensi di no. E’ questione
di antenne. Storicamente le abbiamo buone tutti e due. Eppure uno dei due
sbaglia. Spero di essere io. E’ però significativo che oggi un prestigioso
magistrato abbia mandato ai colleghi il mio articolo affermando di sottoscriverlo
parola per parola e invitando tutti ad aprire, in modo anche più impopolare del
mio, questo fronte di riflessione…
Nando
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