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Ulianova, la signora dei Giusti che hanno combattuto (e fatto) la storia
Il Fatto Quotidiano, 9.3.14
Si chiama Ulianova. Ma non è russa. E’ semplicemente nata da
genitori comunisti. Dirigenti sindacali, lui brianzolo, lei trapanese. Ulianova
in omaggio a Lenin, dunque. Ma ancor più in onore a Galina Ulanova, la
fascinosa prima ballerina del Bolsciòi negli anni del dopoguerra. Occhiali da
intellettuale di studio e di fatica, per gli amici è Ulia, la signora dei
Giusti, da scrivere con la maiuscola senza alcun pudore di apparire retorici. E’
da quattordici anni, infatti, che Ulianova Radice è la direttrice di Gariwo-Comitato
foresta dei Giusti, l’associazione fondata con Gabriele Nissim, scrittore
di cultura ebraica, con cui aveva già prima collaborato per lunghi anni nella
ricerca dei fatti sconosciuti o misconosciuti della Shoah e del dissenso nei
paesi dell’est. “Avevo collaborato con tutti i libri di Gabriele, a partire dal
primo, Ebrei invisibili, che aveva scritto
con Gabriele Eschenazi. Poi L’uomo che
fermò Hitler, o Una bambina contro
Stalin. Un giorno abbiamo organizzato un convegno a Padova sui Giusti, a
proposito del genocidio ebreo e di quello armeno. Ecco, lì è venuta l’idea di
Gariwo. Mi sembra un miracolo, siamo partiti un po’ all’arrembaggio nel 2000 e
ora abbiamo una sede con cinque dipendenti e una decina di volontari. E altri
hanno aperto sedi a Sarajevo, a Praga o a Kigali, nel Rwanda. Finanziamenti
privati, in gran parte la famiglia di Gabriele. Ma abbiamo anche vinto progetti
europei, come quello dei giardini virtuali d’Europa, tutti immaginati come
luoghi in cui rendere onore con un albero alla memoria dei Giusti”. “Chi sono i
Giusti? Guardi, non sono i “senza peccato”, gli immacolati, come si potrebbe
immaginare. Noi ne abbiamo un’altra idea. Possono invece avere sbagliato,
militato eventualmente sotto bandiere ingannevoli. Però quando è arrivato il
momento decisivo, quello in cui gli eventi interrogano ciascuno sulle sue
responsabilità, loro hanno saputo prendersele per intero, senza calcoli,
rischiando per amore degli altri. Non necessariamente quelli come loro. Ebrei o
neri o compagni di fede politica. Semplicemente gli altri”.
Ulia scartabella con orgoglio negli uffici dell’associazione in via Boccaccio a
Milano. Riguarda con orgoglio gli inviti nelle scuole. Mostra il sito
interattivo, aperto alle dediche dei ragazzi, anche alla deposizione di un
fiore immaginario in questo o in quel luogo degno di memoria. “Il nostro
obiettivo è la prevenzione del genocidio, una tentazione sempre viva nella
storia. Per questo cerchiamo di attrezzare i giovani, cercando con il nostro
lavoro, se possibile, di influenzare anche le decisioni dei grandi. I grandi
come adulti, i grandi come potenti.” Proprio giovedì scorso si è celebrata la
seconda giornata europea dei Giusti, istituita nel 2012 dal parlamento di
Strasburgo. Una cerimonia a Milano nel giardino del Monte Stella, alla presenza
di Pisapia e di Clarence Seedorf, l’allenatore del Milan alfiere della lotta al
razzismo. Un nuovo albero è stato dedicato a Nelson Mandela. Un altro a papa
Giovanni XXIII. “Ho provato una sensazione strana. Ormai sono molti anni che
piantiamo questi alberi . E i cippi per terra danno il senso di una cosa
vivente, di qualcuno che ti parla, di una realtà che ti viene addosso, come se
ti fosse fiorito nelle mani qualcosa di imprevisto”.
E’ ormai da anni che Ulia, prima
collaborando con i libri di Nissim ora con Gariwo, scava e costruisce cultura in questa direzione.
L’Olocausto, gli Schindler che hanno salvato migliaia di vite umane sul
maledetto scacchiere del nazismo europeo. O lo stalinismo (lei, Ulianova…),
l’eroico dissenso nei paesi dell’est di intellettuali, religiosi o semplici contadini.
I genocidi armeno o ruandese, le pulizie etniche nei Balcani o il razzismo del
Sudafrica. E’ un modo nuovo di raccontare gran parte della storia e che aiuta a
scrivere la vicenda delle minoranze al di fuori dei miti delle “avanguardie”. Piuttosto
diventano essenziali le culture e le biografie, si esalta il potere immenso
delle responsabilità individuali, siano esse di ispirazione laica o religiosa.
Oggi questo movimento culturale sta iniziando a confrontarsi anche con ciò che è accaduto e ancora accade in Italia, con il totalitarismo violento della mafia e della sua cultura, anch’esso volto a zittire coscienze e parole. In questa nuova fase del suo lavoro Ulia crede fermamente. Di mafia si è già occupata. Dopo la laurea in filosofia ha fatto a lungo, negli anni ottanta, la cancelliera presso il tribunale di Milano. “E’ stata una grande esperienza. Ho seguito tutti i processi di mafia, specie quelli dei casinò. Epaminonda, Santapaola, i catanesi. Poi ho seguito le intuizioni di Falcone sui movimenti del denaro, e me ne sono occupata scrivendo su un quotidiano svizzero”. Per questo ora il movimento propone che la nozione di Giusto accolga finalmente anche i tanti caduti della lotta alla mafia. Coloro che colsero benissimo il destino loro riservato nella temperie di piombo e di viltà e per amore degli altri scelsero di seguirlo fino in fondo, di starci dentro con la stessa dignità che volevano assicurare ai propri simili. “Sarebbe bello se già la terza giornata europea, nel 2015, volesse dedicare alcuni dei suoi alberi ai Giusti dell’antimafia”. Sarebbe bello, sì.
Nando
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