Se salta il tappo. La festa antimafiosa di Altopascio

 

Il Fatto Quotidiano, 6.4.14

Il brivido della libertà ritrovata. Un tappo che salta, una
bottiglia di champagne indisciplinata. Una festa della democrazia. E’ accaduto
l’altro ieri in una piovigginosa serata di primavera. Altopascio, provincia di
Lucca. Storie italiane se ne è già
occupato il 19 gennaio, ascoltando la richiesta di aiuto dei “Magazzini del
grano”, associazione di cittadini impegnata a denunciare la presenza dei clan
sul territorio. La classica amministrazione che nega o minimizza; la classica
realtà maledetta, certificata in autunno da operazioni di magistratura e
carabinieri.
L’altra sera quelli dei “Magazzini” hanno voluto chiamare a raccolta la
cittadinanza  più viva per reagire.
Perché non se ne può più di queste presenze che arrivano da Casapesenna, da
Cittanova o da Cirò Marina ed entrano negli appalti. Di opere inutili e di
incendi, o di tanfo da rifiuti tossici. E l’hanno fatto con cura. Chiedendo il
patrocinio del comune, nonostante le frizioni e le accuse. Chiedendo una sala
grande. Indicendo un premio letterario per le scuole medie inferiori e
superiori, così da fare esprimere sul tema della legalità anche le nuovissime
generazioni. Si sono trovati le porte sbarrate. Patrocinio da provincia e
regione, ma niente dal loro comune, quello di cui difendono i destini. E
rifiuto di partecipare al concorso da parte delle scuole di Altopascio, dopo
una iniziale e convinta dichiarazione di disponibilità da parte della dirigente
scolastica. “Se pensiamo che ci sia stata una pressione politica per non farle
partecipare? Non c’è altra spiegazione. Tra il rifiuto del patrocinio, il
rifiuto della sala teatrale, il voltafaccia della dirigente…”, spiega un’esponente
dell’associazione. Fatto sta che i “Magazzini” non si sono persi d’animo. Hanno
accettato la sala piccola (bellissima) e hanno mandato in giro il bando per il
premio. Così hanno partecipato le scuole di Lucca e di Fucecchio, di Pescia e
di Firenze. E le scuole locali hanno un po’ fatto la figura che fecero alcuni
mesi fa quelle di Pagani, assenti dal concorso dedicato a Marcello Torre, il
sindaco della loro città ucciso dalla camorra. Quelle degli altri paesi sì,
loro no.
Una sera di contagiosa effervescenza. I cittadini stipati nella sala, o fermi
fuori a grappoli sotto la pioggia, vogliono sapere quali sono i segni classici
della presenza dei clan. Per capire o avere la conferma di quel che già hanno
capito. Gente normale, genitori preoccupati, insegnanti, giovani e
giovanissimi, tra cui spicca Martina Cagliari, battagliera e bravissima a
tenere fermo il timone della discussione (nota per gli innovatori: questi sono
i giovani…). Il professor Alberto Vannucci, studioso di corruzione, ricorda
ironicamente che Dante attribuisce a Lucca il primato dei corrotti quando
all’inferno si imbatte nei “barattieri”. E invita ad adottare anche ad
Altopascio la celebre “Carta di Pisa” contro la corruzione, già fatta propria da
decine di comuni italiani. Qui la serata prende il volo. Una assessore contesta
vigorosamente dal pubblico il clima di accuse e allusioni verso l’amministrazione.
Forse Vannucci ha esagerato?  “Ma no, guarda
che in consiglio è stata fatta la proposta di adottare la carta di Pisa ma loro
l’hanno bocciata”, viene spiegato all’ospite. Che fa due più due: niente
patrocinio, niente scuole, niente Carta di Pisa. Il clima si surriscalda, il
pubblico chiede di passare alla premiazione dei temi migliori, hanno vinto due
ragazze, Ludovica scrivendo contro il racket (Scuola “Domenico Chelini” di
Lucca, medie inferiori), Ilaria componendo un dialogo ispirato alle legalità (Istituto
“Serve di Maria” di Firenze, medie superiori). Applausi orgogliosi a tutte e
due. Applaude una suora. Assessore e presidente del consiglio comunale cercano
di riprendere la parola, ma tra i cittadini c’è rabbia, e si sente, per quel
che è accaduto. Per i clan che dilagano in un paese incredulo di vedersi
cambiare il paesaggio umano e sociale sotto il naso. Finiscono sotto accusa il
sottoscritto e il Fatto per avere raccontato “con imprecisioni” il disimpegno del
comune sul bene confiscato in paese. “Ce ne stiamo occupando”, contesta
l’assessore. Il sottoscritto si interroga. Ma subito Emilia Lacroce,
giornalista bravissima, gli mostra sul telefonino il filmato del sindaco che
scandisce in consiglio comunale “Noi di questo bene non ne faremo nulla”.

 

Una signora si alza e rimprovera gli amministratori: “Sono un genitore ed è una vergogna che vogliate coinvolgere i ragazzi nelle vostre beghe politiche”. L’applauso è trionfale, definitivo. E come per protesta l’incontro si scioglie spontaneamente. Ora chi vuole respingere i clan si sente più forte, i quindicenni come gli ottantenni. Si avvicina una famiglia di contadini. “Lo sa che un mattino si sentì una puzza che ammorbava l’aria? Erano i loro rifiuti. Feci venire un vigile. Gli chiesi se la sentiva anche lui. Dovette ammettere di sì. Poi mi disse di fare una denuncia. Capito? Io dovevo fare la denuncia…”. “Il guaio”, aggiunge un altro, “è che qui le autorità non intervengono. Se non è per Lucca…”. Ecco, appunto, arrivino da Lucca a fare quel che va fatto. Le autonomie servono a far più forte la democrazia, mica ad azzopparle. E allora sarà festa doppia.

Leave a Reply

Next ArticleSul "romanzo" di Chiarelettere che attacca don Ciotti