Cose turche. Cronache di viaggio

 

Di nuovo a Milano. Tornato ieri dal viaggio in Turchia. In
genere cerco di rendere un’idea di quel che ho visto, ma stavolta è
praticamente impossibile. Fino alla settimana scorsa mettevo in testa a tutti
il viaggio in Norvegia (1999?), dove ero rimasto letteralmente conquistato dai
trionfi della natura. Stavolta la natura ha fatto di più. Mi ha stregato,
abbacinato, soprattutto in Cappadocia. E in più ci si è messa la cultura: la
profondità, densità, della storia culturale e religiosa. Finora mi ero
rifiutato di girare al seguito di guide. Devo dire che stavolta per lo
smandrappato gruppo di otto amici la guida è stata essenziale. Per sapere, capire,
vedere meglio. Per rendersi conto che alla fine la famosa (e bellissima) “moschea
blu” di Istanbul è un prodigio minore rispetto a tanti altri creati dall’uomo o
dalla natura. Un’esperienza meravigliosa, in certi momenti di sogno,
caldeggiata a suo tempo da Dora, che ci era andata con un’amica; solo che lei d’estate
aveva preferito le coste. La Cappadocia, nel mezzo dell’Anatolia, è altro; è
fiaba, nata da una suprema fantasia creatrice, estranea alle possibilità dell’uomo.
I cosiddetti “camini delle fate” sono letteralmente inimmaginabili, sculture
fantastiche prodotte dai vulcani e dal vento.
E poi Istanbul. Tappezzata di tulipani, straripante di bar e di negozi,
zampillante di simpatia e di ospitalità, strade pulite ogni mezz’ora tra masse
sterminate di turisti, le voci dei muezzin che si richiamano nelle ore convenute,
da minareto a minareto; e giuro che sentirle navigando sul Bosforo mentre si
sovrappongono dalle due sponde della città, ha qualcosa di emozionante. La
cultura deliziosa del tappeto, i bazar infiniti, e i prezzi bassi ovunque, che
non guastano proprio, salvi i tentativi di rifilarti il bidone del secolo, con
gli italiani pare che ci provino sempre. E la bandiera rossa con la mezza luna
che sventola ovunque, ma proprio ovunque, perfino coprendo due piani nei
palazzi. E la festa nazionale dell’infanzia. E la reggia stupefacente di
Topkapi, omaggio alla grandezza dei sultani, altro che il celebre diamante del film.
Perfino i cani randagi con i microchips presi in cura dal comune. E l’humus, e
il raki da bere alla sera con gli amici. Insomma, mi rendo conto che vorrei
raccontarvi ogni cosa, cari amici blogghisti, ma so che è impossibile, e che
fra l’altro molti di voi, specie i più giovani, ne sapranno già tutto. Dico
solo che ho conosciuto una grande civiltà e una grande storia, un paese che
cresce e che sente di avere dietro lo Stato, e ne parla con rispetto, non con
irrisione. Certo, i diritti umani e le denunce (sacrosante) di Amnesty (che
però non risparmiano l’Italia). Certo, i burka, che ci è stato raccontato
dipendere dalla volontà dei mariti più che dalla religione, e che sono un’infima
minoranza. Semmai non sapete (ed è istruttivo…) che la chiesa cristiana di San
Nicola in Chora venne distrutta dai crociati. Mentre la nuova chiesa
ricostruita venne dai musulmani “solo” intonacata. Oggi tutti i mosaici
bellissimi sono stati riportati alla luce. Basta così. Insomma, avrete capito
che consiglio il viaggio. Nel frattempo mi sono perso un sacco di notizie dall’Italia.
Poco male, cercherò di rifarmi. Con un
giorno di ritardo, buon 25 aprile!

 

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